DACIA MARAINI

La scrittrice nasce a Firenze nel 1936.

La madre Topazia è una pittrice che appartiene all’antica famiglia siciliana degli Alliata di Salaparuta, il padre Fosco è un famoso etnologo, autore di saggi e libri fotografici sul Tibet e il Giappone.

..Mio padre non è mai uscito dalla scrittura etnografica. I suoi sono libri dalla impostazione scientifica. Di quella scienza che lui amava di più, che sta in bilico fra l’antico umanesimo e la nuova tecnologia. Una scrittura che è osservazione e analisi, nello stesso momento in cui è invenzione e racconto...

Nel 1938 la famiglia si trasferisce in Giappone perché il padre ha ricevuto una borsa di studio per una ricerca  sugli Hainu, una popolazione in via d’estinzione.

Nel 1943 il governo giapponese, che aveva stipulato un patto di alleanza con l’Italia e la Germania, chiede ai Maraini di firmare l’adesione alla repubblica di Salò.

Essendo antifascisti, rifiutano; per questo vengono rinchiusi con le loro tre bambine nel campo di concentramento di Nagoya, dove rimangono per 2 anni, soffrendo  fame,  freddo, bombe, terremoti.

La loro condizione migliora quando Fosco, angosciato per lo stato di denutrizione delle figlie, si amputa il mignolo: questo era un rito giapponese che creava nel nemico un’obbligazione. Infatti Fosco ottiene una capretta, che ogni giorno dà 200 grammi di latte, necessari alla sopravvivenza delle piccole.

Alla fine della guerra la famiglia, liberata dagli alleati, può tornare in Italia

e va a vivere in Sicilia presso i nonni, nella villa Valguarnera, ormai decaduta.

Bagheria l’ho vista per la prima volta nel ’47. Venivo da Palermo dove ero arrivata con la nave da Napoli e prima ancora da Tokyo con un’altra nave, un transatlantico. Due anni di campo di concentramento e di guerra. Una traversata sull’oceano minato. Sopra il ponte ogni giorno si facevano le esercitazioni per buttarsi ordinatamente in mare , con il salvagente intorno alla vita, nel caso che la nave incontrasse una mina...

..Ero molto amata dai marines americani, ricordavo loro le figlie bambine lasciate a casa. Mi colmavano di regali: barrette di cioccolata, scatoloni di polvere di piselli, bastoncini di zucchero a strisce bianche e rosse.

A  Bagheria insieme con le sorelle comincia gli studi che poi prosegue a Palermopresso il liceo Garibaldi. Intanto, per guadagnare qualcosa, fa lavori precari: archivista, aiuto fotografa, segretaria, giornalista saltuaria.

..Ero una forsennata lettrice e divoravo tutto quello che mi capitava fra le mani. Negli scaffali di casa trovavo Lucrezio, Tacito, Shakespeare,Dickens, Conrad, Faulkner, Steinbeck, Dreiser, Melville. Erano soprattutto libri inglesi perché mio padre, avendo la madre irlandese, aveva sempre dato la precedenza ai libri in inglese. Così io passavo da Topolino che allora si vendeva in piccole dispense tascabili a Henry James, senza sentirmi spaesata...

..Andavo leggendo tutti i libri di poesia su cui riuscivo a mettere le mani. Ricordo una edizione di Baudelaire dalla copertina di tela azzurrina e la costola rotta che io riattaccavo, ogni volta che si rompeva, con la colla di farina…  

Quando i genitori si separano, la giovane, ormai diciottenne, si reca a Roma col padre per seguire la propria vocazione letteraria;  a 21 anni fonda la rivista “ Tempo di letteratura

Nel 1959 sposa il pittore milanese Lucio Pozzi ma il matrimonio finisce dopo pochi anni anche a causa del lutto per il figlio morto prima di nascere.

Essendo il mio unico figlio, voluto e desiderato, morto poco prima di nascere, cercando di portarmi via con lui, ho deciso che a portare nel futuro qualcosa di me saranno i miei personaggi, figli e figlie, dai piedi robusti, adatti a lunghe camminate…

Nel 1962 pubblica La vacanza e il manoscritto “ L’età del malessere” che vince il premio internazionale. In entrambi il tema centrale è la gioventù nella delicata fase del passaggio dall’adolescenza ad un’età più consapevole.

Nella vacanza la scrittrice racconta in modo sobrio e senza infiorettature la breve stagione estiva di Anna, una ragazzina,taciturna ed attonita, dal carattere debole ed ingenuo, e del fratello Giovanni, più piccolo e fragile.

I due escono dall’odiato collegio di suore, dove sono vissuti per tanti anni  dopo la morte della madre, per trascorrere una vacanza in una piccola cittadina marina vicino Roma, dove il padre e Nina,  la sua convivente, si sono  rifugiati per sfuggire ai bombardamenti del 1943.

Il padre, chiassoso e sensuale, va a prendere i figli a bordo di  una motocicletta, un lusso dati i tempi.

Mumuri ci attendeva fuori, a cavalcioni della sua motocicletta

ci fece montare sopra, Giovanni davanti e io dietro. La valigetta di fibra la legò contro la ruota, alla meglio. Io vi appoggiai sopra una gamba …

Mumuri guidava con facilità, e nello stesso tempo chiacchierava … – A casa c’è la vostra seconda mamma che vi aspetta  … Dovete essere gentili con lei. Capito?-

Sono ricevuti  in modo poco accogliente dalla matrigna, donna frivola, pigra e vanitosa

Si guardava allo specchio, si lisciava i capelli, si passava un’unghia fra i denti, provava alcuni passi di ballo, sbuffando quando inciampava nelle mattonelle rotte..

La mattina successiva i due ragazzi sentono sulle loro teste  il rumore assordante degli aerei  americani diretti verso la capitale. Usciti da casa, si recano al bagno Savoia dove incontrano Pompeo Pompei, la moglie Mary e il figlio Armando.

Da Pompeo, il negoziante fascista pauroso e volgare, in ansia costante per i suoi beni che sente minacciati dall’arrivo degli alleati, Anna viene  a sapere che il padre, che si era sempre vantato di esserne il socio e di avere molto denaro, è un suo semplice dipendente.

Avevo saputo che Mumuri e Pompeo Pompei non erano soci. Il papà era solo un dipendente. Voleva farsi credere importante. Anche in collegio, quando veniva a trovarci, inventava d’essere molto ricco, e le suore a dargli ragione per ogni cosa che diceva

Durante il pranzo la radio annuncia che l’Italia ha vinto la guerra.

Quando tutti vanno a dormire, Anna sente che la matrigna  inveisce contro il comportamento della signora Mary che, invece, avrebbe dovuto essere grata a Mumuri dato che gli affari del negozio grazie a lui andavano crescendo.

Il giorno dopo Anna in spiaggia viene avvicinata prima da uno sconosciuto dall’aspetto giovanile che le propone  di recarsi insieme nello stabilimento e poi da Armando, vizioso diciottenne, che le fa la stessa proposta, dopo averle confidato che non ha alcuna voglia di vivere.

Giunti allo stabilimento, Anna conosce  i cugini Gioacchino e  Giuseppe Scanno.

Il primo la invita ad andarlo a trovare il giorno dopo, promettendole un regalo.

Scanno primo era più robusto e sicuro di sé. Ordinava, parlava, sorrideva; come se io fossi già una cosa sua.. si stuzzicava i denti con uno stecchino … Mi circondò le spalle col braccio,carezzandomi l’orecchio con le dita...

La domenica tutta la famiglia insieme ai Pompei si reca in chiesa e lì Gioacchino sussurra alla fanciulla di andarlo a trovare a casa sua nel pomeriggio. All’uscita dalla chiesa Pompeo apprende dal podestà dello sbarco americano a Salerno.

Nel pomeriggio Anna, recatasi in casa di Gioacchino, si sfila il vestito e rimane nuda. L’uomo, fattala sedere sul divano, la bacia sul collo e sulle spalle e poi le regala del denaro con cui la ragazza compra un gelato per sé e dei cioccolatini per il fratello.

… Avvicinò le mani tremanti ai bottoni del mio vestito. Mosse le dita, in su e in giù, ma non riuscì a liberargli dalle asole. Gli scostai le dita e li sbottonai da me, con facilità … Mi  sfilai il vestito e lo lasciai scivolare sotto i piedi. Scanno avvicinava le labbra alla mia pelle e subito se ne staccava impaurito, con gli occhi pieni di lacrime..Le sue dita morbide e secche si attardavano sulla pelle, lievi. Gettai lontana la sottoveste e rimasi nuda. Osservavo quel viso gonfio e smelato che impallidiva, prendeva una espressione di dolore e di piacere, contraeva rughe e labbra come un mollusco. Mi chiedevo se quello era l’amore. Che pure volevo conoscere...

Arrivato settembre,Anna scesa in spiaggia, in cabina trova Armando nudo che iniziaa baciarla ma dopo un po’ la manda via.

La mattina successiva Giovanni con altri amici scendono sugli scogli e Pica strizza i seni di Anna facendole del male. Ma la giovane lo respinge con forza e scappa verso gli altri ragazzi.

Appena fummo al riparo di una roccia, mi strinse a sé con forza; mi strizzò i seni facendomi mancare il fiato. Mi spingeva addosso alla roccia, aderendo con tutto il corpo nodoso al mio. Sentivo le scaglie della pietra contro la carne della schiena. Appiccicava la sua bocca alla mia, accanendosi su di me. Non riuscivo più a respirare ….Lui mi appiccicò la bocca al collo. Lottai. Mi fissò con due occhi arrossati, furenti. Gli tirai un calcio e con una spinta mi liberai dell’abbraccio

Allora Gigio, un trentenne invertito, decoratore e scenografo che, riformato, non partecipa alla guerra, le propone di andare a fare un giro in macchina. Lì  Gigio le tiragiù la camicetta  ma per fortuna un rumore di passi lo fa desistere.

Uno alto coi pantaloni larghi. Va sempre con le scarpe da ginnastica e si diverte a toccare i ragazzini. E’uno che compra tutto..vuole comprare anche te...

Gigio mi studiava calmo, gli occhi color olio, leggermente storti. Ogni tanto portava la cicca alla bocca e dischiudeva le labbra gonfie. Un grumo di capelli biondi gli usciva da sotto il basco di lana nera. Il collo palpitava frale pieghe della camicia a sottilissime righe rosa…

..tornai a casa stanca, con l’odore acido e dolciastro di Gigio addosso, la schiena indolenzita e gli occhi brucianti … continuavo a pensare all’automobile di Gigio, calda e odorosa di polvere e di tabacco...

Rientrata a casa, apprende che Armando è stato richiamato e  deve partire per la repubblica di Salò. Il giovane è triste perché pensa di non tornare più invece il padre  sostiene che i giovani devono considerare un dovere e un privilegio immolarsi per la patria e per Mussolini che si trova in difficoltà.

Armando si accomodò accanto a Nina premendole la coscia contro la gamba del tavolo. Nina fece finta di niente

La settimana dopo Armando parte e rientra dopo 2 giorni vestito da militare: ha i calzoni gonfi e lunghi e i capelli cortissimi; cerca più volte con la ragazza momenti di intimità ma  le sue contorsioni, i suoi spasimi, lasciano Anna  fredda e distaccata.

La giovane esce di casa e si reca allo stabilimento balneare dove incontra Scanno che ad un certo punto le sfiora i seni con una mano sussurrandole qualcosa e offrendole dello spumante.  Poi vanno in spiaggia dove Scanno la denuda ma Anna si getta in acqua e poi torna a casa.

Partito Armando ,  Anna scende verso il mare e incontra Pica, Carlo,Eros, gli amici del fratello, prepotenti e viziosi, che si passano di mano in mano foto pornografiche sgualcite che Carlo sta cercando di vendere.

Eros,un ragazzo tarchiato, basso, con larghe mascelle e folti ciuffi sotto le ascelle..  

(Giovanni) – Mi sono montati addosso in tre e poi mi hanno legato per divertirsi –  

Rientrati in casa, il padre conduce i due figli da un fotografo per scattare delle foto da conservare come ricordo. La settimana successiva, preparata la valigia, i due ragazzi vengono riaccompagnati con la moto al collegio. Lì dopo aver percorso un buio corridoio, davanti alla scala si dividono  per recarsi ai relativi reparti: la vacanza èfinita.

 Anna durante la vacanza  ha conosciuto ragazzi, uomini maturi e vecchi; ma li ha subiti e  provocati perché attraverso loro cerca di scoprire i turbamenti del corpo, di capire la propria femminilità non ancora pienamente espressa; intanto spia e invidia quella della matrigna. La sua mente è pervasa dall’eros, con cui guarda e tenta di decifrare il decadente mondo che la circonda. Ama essere guardata; si spoglia con facilità, senza apparenti emozioni e sentimenti, di fronte a uomini inebetiti e squallidi, affacciandosi così all’età adulta attraverso esperienze sessuali di donna-oggetto.

I fuggevoli incontri  sono vissuti con la rapidità e l’urgenza di chi deve riempire uno spazio di libertà prima del rientro in collegio. Ma nel tentativo di cogliere cosa significhi  amore, scopre anche gli ambienti della pedofilia, rappresentati da Scanno, un vecchio dottore, che la desidera e la bacia, ma a lui la giovinetta, pur offrendo la sua nudità, resta arida, passiva tanto che l’uomo osa solo toccarle i seni per poi contrarsi con un’espressione mista di dolore e di piacere. Anna si chiede se quello è l’amore. Quell’amore incontrato in modo fugace e sbrigativo, usando in modo insensibile e privo di emozioni, il proprio corpo pulito di adolescente come mezzo  per rapportarsi con giovani e vecchi che da lei vogliono solo sesso. Avverte così la sensazione orribile di essere solo usata. La sola risposta che trova è un grande senso di straniamento e vuoto, di vacanza appunto

La narrazione, che si svolge durante la II guerra mondiale nel momento della disfatta del nazifascismo e dell’arrivo degli alleati, non coinvolge per nulla la protagonista: le varie fasi della guerra, infatti, la lasciano del tutto indifferente.

Anche ne L’età del malessere la giovane protagonista, cresciuta in ambienti squallidi, conosce l’amore  attraverso una sorta di sonnambulismo finché alla fine non si rende conto di essere una vittima della società maschilista.

Crudeltà all’aria aperta, prima raccolta poetica del 1966, risente dei moduli della neoavanguardia, dopo che la scrittrice si era avvicinata agli scrittori del Gruppo 63.

Il leit motiv è la perdita della memoria, attraverso la quale si attua il rifiuto delle convenzioni sociali  e delle norme prestabilite.

A memoria esce nel 1967.

Negli stessi anni Dacia fa rappresentare La famiglia normale  e Il ricatto a teatro.

Inizia la convivenza con Alberto Moravia a cui resterà legata per sempre anchequando lui sposerà un’altra.

Nel 1968 esce la raccolta di romanzi “ Mio marito”

Nel 1969 fonda Il Teatro di Centocelle.

Nel 1973 fa rappresentare Manifesto dal carcere, uno spettacolo femminista.

Fonda  l’associazione teatrale femminista “ La maddalena con Lù Leone, Francesca Pansa, Maricla Boggio, Adele Cabria e altre.

Il teatro, gestito e diretto da donne,  nel 1978 porterà sulle scene il  “ Dialogo di un prostituta con un suo cliente”

Dal collettivo nasce nel 1980 Storia di Piera in collaborazione con l’attrice Piera degli Esposti.

 Nel 1972 pubblica  Memorie di una ladra, dal quale sarà tratto il film Teresa la ladra  con Monica Vitti.

E’ la storia di una giovane nomade che vive in modo instabile tra violenze e sopraffazioni.

Successivamente il testo sarà tradotto e rappresentato a Bruxelles, a Parigi, a Londra, e in altri 14 paesi.

C’ erano morti per terra che nessuno li raccoglieva. Come camminavi vedevi morti senza testa, senza braccia, con le budella di fuori e li scavalcavi. La gente ormai ci aveva fatto l’abitudine , non li guardava  neanche più. …Ad un certo punto, sulla strada, arriva un bombardamento con una bomba dietro l’altra che non lasciavano neanche il tempo di raccapezzarsi. La gente scappava, urlava, cadeva. io mi trovo da una parte con delle donne….Mi acquatto in un fossatello. Passa uno squadrone e poi un altro squadrone. Ogni squadrone buttava giù una ventina di bombe...

..Vado in questo appartamento. Apro la porta con le chiavi. Entro , e comincio a girare. Era una casa grande, piena di armadi. Frugo, cerco, guardo;non trovo né milioni né marenghi d’oro. C’era l’argenteria , questo sì, e degli animali di pietra trasparente, ma non sapevo se erano preziosi o no. C’erano alcuni bicchieri smaltati. Prendo tutta questa roba  e la metto dentro un sacco…

..Poi c’è suor Michelina la furba; suor Quinta che ti fa il sorriso e sotto sotto cova il veleno..La santa Carmine, una volta che ho protestato lì alle mantellate, nel ’45, mi ha fatta legare al letto, ha ordinato di mettermi il giubbetto, m’ha fatta prendere  a botte dalle guardie. Per la conseguenza ho perduto un dente, un incisivo. Allora ci stavano le reti nelle celle, le reti di ferro che si piegano in due e hanno nel centro un ferro che sporge a uncino. Io, nel colluttarmi con le guardie che mi volevano acchiappare per forza e mettermi il giubbetto, ho sbattuto lì con la faccia….Allora per rabbia uno di quelli m’ha sbattuto la faccia contro il ferro sporgente. Ho sentito un crac. La bocca mi si è riempita di sangue. …Alle mantellate allora il trattamento era terribile. davano poco da mangiare , i muri erano come spugne piene d’acqua , non c’erano coperte, non c’erano gabinetti. Dovevi farla nel vaso e poi andarla a buttare nel pozzo comune. Per il freddo e l’umido molte diventavano tubercolotiche...

…Mi portano in questo manicomio tutto bombardato, macchiato, con le mura grosse, fitto fitto di donne. Dico: ma qui ci stanno le matte; io mica sono matta! qui ci stanno le assassine, quelle che hanno ammazzati i bambini con la lametta, bollito il marito dentro una pentola, strangolato i genitori con la calza..

..Queste pazze facevano la merda dappertutto e poi restavano tutto il giorno sporche così, con la merda  e la piscia incrostate addosso e se protestavano, gli mettevano una pillola in bocca  e così rimanevano rinscemite fino a sera..

Nel 1974 pubblica “ Donne mie”, poesie di impronta femminista e nel 1975 Donna in guerra, poi pubblicato il 6 lingue. Entrambi si soffermano sul tema dei rapporti conflittuali all’interno della famiglia, la figura oppressiva del padre padrone, la violenza sulle donne, la liberazione della sessualità e l’aborto.

In Donna in guerra  una giovane attraverso varie peripezie sarà in grado di prendere coscienze di sé e di lasciare il marito.

Nel 1978 Mangiami pure, tratta di gruppi di autocoscienza femminili.

Nel 1981 Lettere a Marina, parla del rapporto tra due donne.

Nel 1984 Il treno per Helsinki è tradotto in 5 lingue.

Nel 1985 Isolina vince il premio Fregene. Ricostruendo un fatto di cronaca, narra la storia  di una giovane veronese che, sedotta dall’ufficiale suo amante, è costretta ad abortire. Dopo la sua morte, il corpo fatto a pezzi, viene gettato nell’Adige e vengono cancellate le prove che possano far incriminare l’ufficiale.

Del 1986  è Il bambino Alberto, un’intervista ad Alberto Moravia e alle sue sorelle.

Nel 1990 La lunga vita di Marianna Ucrìa , con cui vince il premio Campiello, dimostra la sua riconversione all’affabulazione dopo anni di interesse per i fatti dell’esistenza e a posizioni decisamente femministe.

In apparenza romanzo storico,  è in realtà una storia al femminile, in cui la protagonista nel tentativo di riattestare la propria umanità,  cerca di decodificare il presente senza lasciarsi condizionare dalle regole ataviche e contraddittorie della propria classe sociale, ancora abbarbicata all’anacronismo di certe sopravvivenze feudali che la porterebbero all’emarginazione.

Marianna, infatti, pone al centro della propria esistenza esclusivamente gli eventi privati e familiari.

Il romanzo è accolto positivamente tanto che ne sarà tratto un film e sarà tradotto in 19 lingue.

Ambientato nella Palermo dei primi anni del ‘700, ha come protagonista  Marianna,figlia di una potente famiglia dell’isola, in cui vigono ancora abitudini assai antiche come le impiccagioni, i matrimoni, le monacazioni forzate.

Marianna, sordomuta, comunica con gli altri per mezzo di bigliettini.

Ha un rapporto di vicinanza col padre, il duca Signoretto Ucrìa di Fontanasalsa,, mentre diffida della madre che le aveva fatto sapere che la menomazione risaliva alla nascita. All’età di 8 anni il padre nella speranza che una forte emozione la possa guarire, la fa assistere, inutilmente, all’esecuzione di un giovane condannato a morte.

Ha 5 fratelli: Signoretto, il maggiore, che, destinato ad ereditare le sostanze paterne,in seguito divente senatore, Agata, già promessa sposacol figgiu del principe di Torre Mosca”, Fiammetta, destinata al conventosi sposa con Cristo,Carlo e Geraldo destinati al convento e all’esercito. Il primo si dedicherà alla traduzioni letterarie, il secondo divenuto ufficiale, morirà dopo un litigio per strada.

A 13 anni è costretta a sposare il fratello della madre, Pietro Ucrìa di Campo Spagnolo, un uomo freddo, chiuso, austero e in 4 anni mette al mondo 3 figlie: Felice, Giuseppa e Manina. Solo a 19 anni darà alla luce l’erede, Mariano e potrà ritirarsi nella villa di Bagheria, trascorrendo il suo tempo, nonostante il parere contrario del marito, leggendo e scrivendo.

Il maritozio infatti non vuole che venga influenzata dalle nuove teorie illuministiche  che cercano di smantellare il concetto di superiorità delle classi nobiliari.

Alla morte dei genitori, si scopre che questi hanno lasciato una parte dei loro beni anche alle figlie. Quando Marianna si accorge che la serva Fila e il giovane Saro hanno un frequentazione dato che sono fratellastri, si sente turbata . Dei suoi figli Giuseppa, sposata con l‘uomo che ama, rimane delusa dall’ottusità del marito contrario al fatto che lei ami leggere; Felice monacata per forza, trascorre il suo tempo tra lussi e pettegolezzi, Manina, fatta sposare a 12 anni, è in totale sottomissione al marito. Dopo la morte del marito, per evitare turbamenti emotivi nei confronti del giovane Saro, Marianna lo fa ammogliare. Un giorno dal fratello Carlo  apprende di essere stata violentata a 6 anni dallo zio Pietro per cui aveva perduto parola e udito. Per mettere tutto a tacere  e per incamerare una ricca dote, il padre, al corrente del fatto, l’aveva poi costretta a sposare lo zio.

Saro dal matrimonio con Peppinedda ha un figlio che viene ucciso da Fila per gelosia. Condannata a morte, la giovane viene graziata per intervento di Marianna  e rinchiusa in manicomio.  Avuto un incontro coinvolgente con Saro, Marianna , dopo varie peripezie, si reca a Roma insieme a Fila, che, uscita dal manicomio,  grazie alla dote procuratale dalla duchessa, si sposerà col padrone di una locanda e Marianna comincerà a viaggiare.  

..La signora madre le toglie ridendo lo straccio bagnato dalla faccia. Poi si dirige alla scrivania, scarabocchia ancora qualcosa e torna col foglio verso il letto. “ Ora hai 13 anni approfitto  per dirtelo che ti devi maritari che ti avimu trovato uni zito per te  perché non ti fazzu monachella come è destino di tua sorella Fiameta”…La signora madre ora spetta una risposta. Le sorride affettuosa ma di una affettuosità un poco recitata. A lei questa figlia sordomuta mette addosso un senso di pena insostenibile, un imbarazzo che la gela. Non sa come prenderla, come farsi intendere da lei. Già lo scrivere le piace poco: leggere poi la grafia degli altri è una vera tortura. Ma con abnegazione materna si dirige docile verso la scrivania, afferra un altro foglio,prende la penna d’oca e la boccetta dell’inchiostro e porta ogni cosa alla figlia distesa sul letto. ..”Il signor padre tutto fici per farti parlari portandoti cu iddu perfino alla Vicaria che ti giovava lo scantu ma non parlasti perché sei una testa di balata, non hai volontà..tu hai il dovere di accettare lu zitu che ti indichiamo perché ti vogliamo bene e perché non ti lasciamo niescere dalla familia per questo ti diamo allo zio Pietro Ucrìa di campo Spagnolo, barone della Scannatura, di Bosco Grande e di Fiume Mendola, conte della Sala di Paruta,marchese di Sollazzi e di Taya. Che poi oltre a essere mio fratello, è pure cugino di tuo padre e ti vuole bene  e in lui solo puoi trovare un ricetto all’anima”. Marianna legge accigliata…rilegge soprattutto le ultime righe, quindi il fidanzato, lo ‘zitu’, sarebbe lo zio Pietro? quell’uomo triste, in grugnito, sempre vestito di rosso che in famiglia chiamano ‘il gambero’

 

Sono sempre le stesse donne dall’intelligenza lasciata a impigrire nei cortili delle delicate teste acconciate con arte parigina. Di madre in figlia, di figlia in nipote, sempre intente  a girare intorno ai guai che portano i figli, i mariti, gli amanti, i servi, gli amici, e a inventare nuove astuzie per non farsene schiacciare. I loro uomini sono occupati da altri guai, altre gioie, diverse e parallele: l’amministrazione delle proprietà lontane, sconosciute, il futuro delle casate, la caccia, il gioco,le carrozze, il corteggiamento, le questioni di prestigio e di precedenza…

Le debolezze di quelle famiglie sono anche le sue, conosce le infamie segrete di cui discorrono le donne dietro i ventagli, le iniziazioni dei giovani maschi fatte sulle serve ragazzine, le quali poi quando rimangono incinte ‘ vengono ‘ cedute ad amici disinvolti o spedite nelle case religiose per ‘pericolanti’ o in ospizi per ‘ fanciulle cadute’; i debiti astronomici, gli strozzinaggi, le malattie nascoste, le nascite sospette, le serate passate al circolo giocandosi castelli e terreni,  le intemperanze al bordello, le cantanti contese a suon di scudi, le liti furibonde tra fratelli, gli amori segreti, le terribili vendette...

Nel 1993 pubblica con buon successo, Bagheria, in cui rievoca per recuperarle, le proprie radici, i paesaggi e le persone incontrate durante l’infanzia isolana, in un mondo fatto di ulivi e di mare, di profumo di gelsomini, anche se è sempre presente il tema del percorso educativo della donna e della volontà di rifiutare la maternità in nome di scelte ideologiche.  La narrazione descrive immagini e particolari di ville epalazzi antichi ormai in decadenza, distrutti dal disordine edilizio o dalla crudeltà della mafia.

Ho aperto una porta rimasta sprangata. Una porta  che avevo talmente bene mimetizzata con rampicanti e intrichi di foglie da dimenticare  che ci fosse mai stata, un muro,uno spessore chiuso, impenetrabile. Poi una mano , una mano che non mi conoscevo, che è cresciuta da una manica scucita e dimenticata, una mano ardimentosa e piena di curiosità, ha cominciato a spingere quella porta strappando le ragnatele e le radici abbarbicate. Una volta aperta, mi sono affacciata nel mondo dei ricordi con sospetto e una leggera nausea. I fantasmi che ho visto passare non mi hanno certo incoraggiata. Ma ormai ero lì e non potevo tirarmi indietro

..Stavo seduta fra mio padre, un uomo nel pieno della sua bellezza e seduzione…e mia madre, fresca e bella anche lei, molto giovane, quasi una ragazza, con i suoi lunghi capelli biondi, gli occhi grandi, chiari. Davanti a me le mie due sorelle: una dalla testa piccola e tornita, gli occhi a mandorla quasi cinesi nelle loro palpebre teneramente gonfie, che sarebbe diventata musicista, l’altra dalle braccia rotondette, la pelle rossiccia tempestata di lentiggini, che sarebbe diventata scrittrice...

…Mia sorella Yuki ha la fronte alta di un biancore delicato, tenerissimo, gli stessi occhi a mandorla di mio padre, scuri, bui, inte4nsi e cocciuti. Gli occhi Maraini. E l’ultima Toni, ha la faccia tonda, lentigginosa, uno spazio fra i denti davanti che la rendeva un poco buffonesca, già persa dietro un suo dolce e profondo rimuginio silenzioso…

Il nome Bagheria pare che venga da Ba bel ghirib che in arabo significa porta del vento. altri dicono invece che Bagheria provenga dalla parola Bahariah che vuol dire marina. Io preferisco pensarla come porta del vento, perché di marino ha molto poco, Bagheria, sebbene abbia il mare a un chilometro di distanza..

Cerco di immaginarla com’era prima del disordine edilizio degli anni Cinquanta, prima della distruzione sistematica delle sue4 bellezze… Polibio parla di grandi distese boscose, due secoli avanti Cristo, quando i cartaginesi attaccarono gli alleati dei romani ‘ presso Panormo ‘...

..a leggere gli antichi che hanno scritto dell’isola, si scopre…che qui scorrevano acque rigogliose e boschi dai grandi alberi fronzuti sotto le cui ombre riposanti passeggiavano laboriosi individui. I quali parlavano una lingua che oggi risulterebbe incomprensibile, mangiavano pane cotto sulle pietre e bevevano vino diluito con l’acqua e il miele, ridevano di chissà che rivelando denti candidi e occhi profondi….  

Del 1994 è Voci, un romanzo in  57 capitoletti.

Michela Canova, una giornalista, che lavora presso una radio privata, rientrando nel proprio appartamento, apprende dell’assassinio della propria vicina, Angela Bari.

Incaricata dal direttore della radio di interessarsi dei delitti insoluti, si immerge nel mondo intricato della vicina, dei suoi familiari, degli amici e delle abitudini di vitadella ragazza. Michela nella sua ricerca ha modo di conoscere persone che ribadiscono la propria sincerità per poi scoprire che ognuno racconta solo parti di verità o ha un personale modo di interpretare gli eventi.  E anche la fine non risolverà tutti gli enigmi.

..Ogni voce ha il timbro della verità, che non sempre coincide con quella logica della cause e degli effetti cara al giudice Boni  e alla commissaria Adele Sòfia..

.. Sembra impossibile liberarsi di questo delitto, perfino dopo una più che plateale e chiarissima soluzione..

Era alta ed elegante, la mia vicina, portava i capelli castani chiari tagliati a caschetto. Il naso piccolo, delicato, il labbro superiore  particolarmente pronunciato, che quando si arricciava in un sorriso rivelava dei denti piccoli e infantili, un poco sporgenti. Un sorriso da coniglio, avevo pensato vedendola la prima volta, timido e timoroso come di chi è abituato a rosicchiare pensieri segreti. Gli occhi grandi, grigi, la fronte spaziosa, la pelle delicata, bianca, cosparsa di efelidi. La voce, quelle rare volte che l’ho sentita, mi è sembrata velata, come di chi tema di esporsi e infastidire, una voce piegata su se stessa, resa opaca dalla ritrosia, con dei guizzi inaspettati di ardimento e di allegria..

Nella prassi del vivere quotidiano  nella metropoli è di regola che chi abita porta a porta non sappia niente dell’altro … una società di isole rigorosamente separate da una fitta ipocrisia discrezionale fa sì che ogni famiglia si chiuda nel suo bunker linguistico culturale …

Le voci si incrociano nella memoria, pretenziose, manierate, speculanti, ossessive

Sono avida di voci, che siano leggere o pesanti, scure o chiare, le amo per la loro straordinaria capacità di farsi corpo. Mi innamoro di una voce, io, prima che di una persona..

Del 1996 è Un clandestino a bordo; del 1997 Dolce per sé.

Nel 1999 Buio,  racconta i soprusi ricevuti durante l’infanzia.

Del 2001 è La nave di Kobe.