Dal Chronicon di S.Girolamo ( che riprende i dati dal De historicis di Svetonio) apprendiamo che nasce ad Amiterno (L’Aquila, Sabina) nel 86 a. C.da una ricca famiglia plebea.
Ricevuta una solida istruzione a Roma, nel 55 a.C. inizia da homo novus il cursus honorum tra i populares contro l’aristocrazia senatoria. Sostenuta l’accusa contro Clodio, è questore nel 54, tribuno della plebe nel 52 e pro pretore in Siria. Parteggia per Cesare nella guerra civile. Accusato di concussione, è radiato dal senato. Terminata la guerra civile, nel ‘46 Cesare lo nomina governatore dell’Africa Nova l’ex regno numidico del re Iuba. come proconsul cum imperio. Durante tale periodo accumula molte ricchezze.
Nel 45/44 a.C., di nuovo accusato di concussione, pur salvato da Cesare, è costretto a rinunciare a ulteriori magistrature.
Alla morte di Cesare si ritira negli Horti Sallustiani, una bellissima villa tra il Quirinale e il Pincio, dove si dedica agli studi. Muore nel 36/35 a.C.
Le sue opere sono saldamente legate alla sua esperienza politica e ne sono, come egli stesso le interpretava, il completamento. Ha il gusto del ritratto perchè vede come protagoniste della storia le grandi individualità sia nel bene che nel male.Tutta la su opera è permeata di intenti polemici nei confronti dell’aristocrazia, nel cui comportamento superbo e accentratore, egli rintraccia la causa prima delle guerre civili.
La sua analisi dei mali della repubblica trova una base di giudizio sulla salda moralità della sua terra, fondata sul rispetto del mos maiorum.
Questo presupposto moralistico provoca i suoi giudizi per cui Catilina è visto come il tipico rappresentante della nuova società romana , dominata dalla corruzione diffusa e dall’amore per il lusso, il che impedisce ai populares, forze nuove e sane, di risanare le istituzioni.
Nell’altra opera sostiene che le difficoltà incontrate nel sottomettere il piccolo regno numidico derivano dall’incapacità dei conduttori dell’esercito, uomini deboli e avidi di ricchezze.
De coniuratione Catilinae: E’ una monografia di stampo moralistico in 6
capitoletti sulla congiura di Catilina del 63 a.C.
Il fatto era avvenuto negli anni della giovinezza dello scrittore, e certo egli ne
era stato, in certo qual modo, testimone.
Il protagonista, Lucio Sergio Catilina, è un aristocratico assai capace ma corrotto e senza scrupoli, che, sommerso dai debiti, cerca di sovvertire l’ordine costituito per fini personali. Sconfitto nel suo desiderio di impadronirsi illegalmente del consolato, ordisce un colpo di stato coadiuvato da giovani aristocratici rovinati dai debiti, nobildonne depravate, veterani di Silla. Il piano, però,viene scoperto per la delazione di alcuni congiurati al console Cicerone, che accusa in Senato Catilina; questi, isolato, fugge in Etruria.
I complici, rimasti a Roma, sono arrestati e, condannati a morte senza la provocatio ad populum. L’esercito dei congiurati è sconfitto in Etruria dalle truppe consolari; Catilina e i suoi cadono combattendo con valore.
Bellum Iugurthinum
E’ una monografia in 14 capitoli sulla lunga guerra tra Roma e Giugurta (111-105 a.C), costellata da insuccessi, condotta per sottomettere il re di un piccolo stato africano, la Numidia. Mario ne è l’eroe.
Micipsa, re di Numidia, alleato di Roma, lascia eredi del proprio regno i figli Iempsale e Aderbale oltre al nipote Giugurta. Questi, ambizioso e spregiudicato, con l’amicizia o con l’oro lega a sè la nobiltà romana, ed elimina Iempsale. Una commissione del Senato, anch’essa corrotta da Giugurta, lo favorisce contro le pretese di Aderbale che, assediato viene ucciso nella sua capitale Cirta; nel massacro muoiono anche dei mercanti italici; allora il popolo romano, indignato, costringe il Senato alla guerra. Si succedono tre generali: Calpurnio Bestia, Metello Numidico, finché Gaio Mario, homo novus, eletto console, conclude il conflitto. Giugurta, grazie all’azione diplomatica di Silla, luogotenente di Mario, è tradito dal suocero Bocco, re di Mauritania, e consegnato ai Romani.
Stile : la lingua è originalissima: sono presenti termini rari, neologismi,
arcaismi, forme sincopate e/o familiari. Emergono la paratassi, l’ellissi, l’asindeto, gli infiniti descrittivi o storici, l’oratio obliqua, l’uso di figure retoriche (soprattutto allitterazione, antitesi, chiasmo, climax, zeugma.
Quintiliano ne elogia la immortalis velocitas e la brevitas .
Aulo Gellio lo definisce novator verborum.