AGRIPPINA MINORE

Nella notte, distesa nel letto, complice silente di tante schermaglie amorose, udì tremante il cupo, cadenzato rumore dei passi dei sicari che sopraggiungevano.

Nella camera si trovava un debole lume e una sola delle ancelle, mentre Agrippina era sempre più inquieta, perché non veniva nessuno da parte del figlio, neppure Agermo: diverso sarebbe stato l’aspetto di un evento lieto; ora invece c’era solitudine, rumori improvvisi, segni di un’estrema catastrofe.

L’ancella alla vista dei sicari si allontanò spaventata nonostante Agrippina la esortasse a non abbandonarla: “Mi abbandoni anche tu?”

Poi provò ad urlare, nessuna risposta: ancelle, schiavi, guardie del corpo, tutti scomparsi.

Era sola. Capì allora che la sua ultima ora era giunta. Tutto era stato inutile.

 Le Parche avevano portato a termine il loro compito: Lachesi stava per tranciare con le forbici d’oro l’ultimo segmento della sua esistenza terrena: il cupo Tartaro l’attendeva.

Un brivido di freddo la colse.

Cercò di mantenersi calma.

Doveva morire con dignità, da par sua, da quella grande donna che era sempre stata.

Nelle sue vene scorreva il sangue di Germanico e non doveva per nulla al mondo tradire i suoi antenati.

 Mai come in quel momento ebbe nitida la visione di tutta la sua passata esistenza.

Le cupe foreste della Germania, dove aveva visto la luce ad Ara Ubiorum, nel 15 d.C., l’avevano fortemente temprata.

I ricordi le si affollarono nella mente: da piccola la nutrice le aveva parlato della madre, la bellissima Agrippina maggiore, figlia di Marco Vipsanio, il nipote del cavaliere Cecilio Attico cui Cicerone aveva indirizzato le sue lettere, e di Giulia, la figlia di Augusto.

La madre, dopo il matrimonio con Germanico, figlio adottivo di Tiberio, l’aveva messa al mondo con la speranza e la quasi certezza che la piccola avrebbe lasciato un’orma indelebile della sua personalità in quel periodo così particolare della storia romana.

Agrippina maggiore aveva sempre avuto costumi ed abitudini austere, nonostante il cattivo esempio della madre Giulia, che era stata esiliata dall’imperatore a causa del comportamento libertino.

Aveva un animo fiero e vendicativo e un carattere altero e pudico; dopo la morte di Augusto era rimasta l’unica ad avere il sangue della famiglia Giulia, nonostante l’odio di Livia, la vedova di Augusto e dei suoi accoliti.

E durante le campagne di Germania, accanto al marito, si era distinta per forza d’animo e sorprendenti capacità militari.

Ciò aveva provocato molti sospetti a Roma tanto che Germanico era stato richiamato dal Reno nel 16 e nel 18 era stato inviato in Oriente con al seguito la moglie.

Ma in Siria erano sorti contrasti tra Germanico ed Cneo Pisone, governatore della provincia, la cui moglie Plancina, istigata e spalleggiata da Livia, aveva sfogato contro Agrippina vecchi rancori, invidie e rivalità.

Nel 19 d.c. Germanico a causa di un’improvvisa malattia moriva.

I sospetti caddero su Pisone e Plancina.

Agrippina maggiore, tornata a Roma con le ceneri del marito, fu accolta dalla folla con grandi tributi di simpatia,

Agrippina sospettò di essere minacciata da Tiberio che dopo la morte di Livia nel 29,

  aveva accusato la donna di cospirazione nei suoi confronti e, nonostante l’appoggio del popolo e di parte del Senato l’aveva fatta deportare a Pandataria, l’odierna Ventotene, dove Agrippina maggiore si era fatta morire d’inedia.

Agrippina minore era la quarta figlia dopo Nerone, Druso, Caio Cesare (Caligola) e le sorelle Drusilla e Giulia.

Subito dopo la donna che l’aveva presentata agli astanti, aveva elevato una preghiera a Levana, la divinità che presiedeva a tale cerimonia.

Un’ancella, poi, aveva deposto la neonata ai piedi del padre che, attorniato dalle persone a lui più care, l’aveva sollevata tra le sue braccia in modo che fosse palese a tutti il suo riconoscimento e l’accoglienza in famiglia.

Allora le donne di casa avevano appeso coroncine alla tenda per segnalare l’avvenuta nascita.

Dopo otto giorni nel dies lustricus, giorno della purificazione o dies nominum, giorno dei nomi, le fu attribuito il nome.

Poi fu consacrata agli dei familiari, Lari e Penati, affinché la facessero crescere sana e la preservassero dalle sventure.

Inoltre le fu messa al collo la bulla, un medaglione o un amuleto d’oro che poi lei abbandonò il giorno delle nozze.

Solo da quel momento Agrippina fu considerata appartenente alla familia

Agrippina minore era quindi cresciuta tra ancelle e liberte.

Terminato il primo ciclo di studi, si era istruita privatamente, pur continuando ad occuparsi di lavori femminili come ricamare, cucire, filare.

Oltre ad aver appreso il greco, si era esercitata a dipingere, danzare e suonare. All’epoca le fanciulle in età da marito conducevano una vita assai ritirata.

 Il matrimonio, che avveniva in età giovanile (intorno ai 10 anni veniva scelto il futuro sposo), per decisione del pater familias, concedeva loro maggiore libertà: uscivano, andavano a far compere, si scambiavano visite con le amiche.

Ricordò le lunghe ora passate accanto al pedagogo che le insegnava Omero, Esiodo, le favole di Esopo e di Fedro.

Ma le spiegava anche i vari riti su cui poggiava la grandezza di Roma.

“Devi sapere, mia cara allieva, – le diceva – che da sempre il matrimonio a Roma è stato considerato (insieme alla nascita del primo figlio che conferiva la dignità ed i privilegi di matrona), l’istituzione portante della società e il garante della perpetuazione di una stirpe; perciò è stato regolato da norme assai precise.

Il popolo si può sposare secondo varie modalità:

 cum manu,con patria potestas dell’uomo sulla moglie;

tramite l’usus la fanciulla, dopo la convivenza di un anno, entra a far parte della famiglia del marito e viene considerata come una figlia;

nella confarreatio gli sposi consumano una focaccia di farro durante la cerimonia;

nella coemptio, la potestas della donna passa dalle mani del padre a quelle del marito con una cerimonia di acquisto formale.

C’è poi l’unione sine manu, in base alla quale la sposa continua a conservare il diritto di appartenenza alla famiglia di origine e sul suo patrimonio.

La scelta della data del matrimonio viene stabilita evitando i giorni nefasti: in particolare si privilegia la seconda metà di giugno.

Il giorno prima la sposa offre ad una divinità le bambole e i giocattoli della sua infanzia.

Dopo il banchetto i presenti simulano il rapimento della sposa (in ricordo del famoso ratto delle Sabine organizzato da Romolo per popolare la sua città) che è poi condotta nella casa dello sposo.

 La casa in precedenza è stata addobbata con arazzi, ghirlande di fiori.

La donna reca con sé il fuso e la conocchia; tiene per mano 2 bimbi, mentre un terzo fanciullo illumina il percorso con una fiaccola.

 I residui della cenere vengono donati agli invitati per buon augurio.

Lungo il corteo nuziale, gli amici gridano “Talasse” insieme a frasi allusive e piccanti riguardanti la prima notte di nozze.

Lo sposo lancia dolci e noci ai fanciulli che si avvicinano.

Il matrimonio è preceduto dal fidanzamento, sponsalia: il pretendente offre alla ragazza dei doni e, come pegno, pignus, le dà un anello di ferro o di oro che la fidanzata mette all’anulare, poiché si ritiene che da questo dito si diparta una vena collegata in linea diretta con il cuore.

Il contratto matrimoniale viene firmato dopo le formule di rito dei nubendi che uniscono le destre simbolo di fedeltà.

Il giorno fatidico davanti al sacerdote e ai testimoni gli sposi si scambiano la formula: “Ubi tu Gaius, ego Gaia” a cui i presenti rispondono con gli auguri di rito.

 Durante la cerimonia la sposa porta un velo arancione flammeum, (con cui si nasconde allo sguardo cupido o invidioso di qualche divinità ostile), ed una corona di fiori, di maggiorana o d’arancio.

Ogni dettaglio dell’abito è fissato dalla tradizione: è bianco, lungo fino alle caviglie e stretto in vita da una cintura che lo sposo scioglierà la prima notte di nozze.

 Dopo la cerimonia il corteo nuziale accompagna la sposa alla nuova abitazione; il marito la porta in braccio oltre la soglia, per evitare che inciampi (il che sarebbe stato quanto mai nefastum) e le consegna le chiavi, l’acqua e il fuoco, mentre la donna prima unge con l’olio e poi asciuga i cardini della porta.

 Viene poi offerto un sacrificio agli dei: nell’atrium della casa viene uccisa una pecora o un maiale.

Il giorno successivo la sposa, indossato per la 1 volta l’abito da matrona, offre un banchetto ai parenti e sacrifica agli dei dello sposo per attirarsi la protezione dei Lari e dei Penati della nuova famiglia.

Da quel momento la moglie è sempre accanto al marito sia in casa che all’esterno: si occupa dell’educazione dei figli piccoli e sovrintende alle mansioni delle schiave ed ai lavori femminili con dignità e saggezza.

Anche quando partecipa ai conviti la matrona sta seduta, non sdraiata, nè beve vino per non assumere comportamenti sconvenienti o immorali; per evitare che le matrone bevano oltre misura parenti più stretti potevano baciarle.

Un tempo le donne non avevano personalità giuridica, potevano agire solo tramite un tutore (padre, fratello, marito).

Se si scatenano liti tra i coniugi, gli sposi si recano presso la dea Viriplaca, (che secondo la tradizione ha il potere di sedare gli animi) a cui raccontano le loro difficoltà.

Perché il matrimonio venga sciolto, basta interrompere la vita in comune e dichiarare a voce o per iscritto l’intenzione di rendere nullo il legame. Tale ripudio vale anche per il fidanzamento. Ma i divorzi sono sempre stati un’eccezione.

Erano favoriti i divorzi bona gratia ( voto di castità, impotenza, resa manifesta dalla mancanza di unione sessuale entro 3 anni, presunzione di morte) e ex iusta causa (Per le donne: adulterio, andare a banchettare o a fare i bagni con estranei, abitare fuori di casa senza il consenso del marito; per l’uomo aver tentato di prostituire la moglie, tenere una concubina,  falsa accusa di adulterio; per entrambi aver teso insidie alla vita del coniuge).

Il ripudiato incorreva in sanzioni pecuniarie, come ad esempio la perdita della dote.”

Ad Agrippina piaceva sentir parlare il pedagogo sulle abitudini del popolo e con la sua viva intelligenza non si saziava mai di ascoltare e di far domande.

 In particolar modo voleva conoscere a fondo la storia della sua casata e soprattutto le origini dell’impero a cominciare da Augusto.

Agrippina a 14 anni, per imposizione di Tiberio, nel 28 d.c. era andata sposa a Gneo Domizio Enobarbo, più vecchio di lei ma discendente per parte di madre dalla famiglia di Augusto.

Da lui ebbe L.Domizio Nerone.

Durante la gravidanza leggeva i trattati di ginecologia in cui erano descritti (Papiro di Kahun) stati patologici: dismenorrea, leucorrea, vulvo -vaginiti, metriti, amenorrea.

Di lì a poco vedeva la madre e il fratello Nerone esiliati mentre l’altro fratello Druso veniva gettato in prigione.

Divenuto imperatore, però, Caligola riabilitò la memoria della madre e fece coniare monete con l’effigie della madre e delle sorelle.

Agrippina dopo aver dato alla luce Lucio Domizio, si lasciò travolgere dal clima di corruzione imperante a corte.

Sembra che, come le sorelle, avesse rapporti incestuosi con lo stesso Caligola.

Ebbe come amante un losco avventuriero, Esonio Tigellino ed anche il cognato Emilio Lepido che fu poi giustiziato con l’accusa di cospirazione.

Rimasta vedova di Domizio, Agrippina fu relegata alle isole Ponziane nel 40.

Quando nel 41 Caligola fu ucciso, il nuovo imperatore, Claudio, richiamò dall’esilio i condannati politici.

Tornata a corte, Agrippina sposò il ricco Passieno Crispo, sfuggendo così all’ostilità di Valeria Messalina, moglie di Claudio, che era gelosa di lei.

Quando Passieno morì, molti pensarono che Agrippina lo avesse assassinato per ereditarne le sostanze.

Nel 48 d.c., però, Messalina, accusata di corruzione, fu fatta uccidere da Claudio.

  Messalina, forse gelosa di Giulia Lavilla, sorella di Caligola, che vedeva in lei una rivale, aveva trascinato nella rovina Seneca che era stato esiliato in Corsica dove rimase sino al 49, quando fu richiamato a Roma per intercessione della nuova sposa di Claudio, Agrippina, che nel 49 aveva preso il posto di Messalina

 Da lei ebbe l’incarico di precettore di Nerone che Agrippina aveva fatto adottare da Claudio a scapito dell’erede legittimo Britannico.

 Così Seneca entrava nel palazzo imperiale ed iniziava un lungo periodo di servizio al potere e anche di esercizio di esso.

Annales, XII, 8

Agrippina…per non trarre fama solo dai misfatti, intercedette perché fosse richiamato dall’esilio Anneo Seneca, e gli fosse nello stesso tempo affidata la pretura, pensando che il ritorno di lui sarebbe stato gradito a rutti a causa dei suoi scritti. “

Così dopo 2 vedovanze, Agrippina era riuscita ad unirsi all’imperatore Claudio, che era suo zio.

Restaurò nel palazzo e nella famiglia imperiale l’ordine e la moralità, affiancò il marito nella vita pubblica.

Ad un certo punto, però, Claudio cominciò a sospettare delle trame dinastiche della moglie e le sollevò delle rimostranze. Ma improvvisamente morì nel 54, forse avvelenato.

Domizio, col nome di Claudio Nerone, gli succedette a soli 17 anni.

Era stata sempre ambiziosa ed energica. E quando era stato necessario si era servita di Seneca e Burro.

Annales XIII, 2

“Entrambi però dovevano lottare contro la prepotenza di Agrippina, la quale arsa da una sfrenata bramosia di dominio, aveva come sostenitore Pallante, per consiglio del quale Claudio si era abbassato a contrarre nozze incestuose e a sancire un’adozione a lui funesta”

Con le sue arti era riuscita ad esercitare su Nerone un forte ascendente, tanto che molti affermavano che l’imperatore era stato assoggettato psicologicamente da lei.

“ Il Senato si adunava nel palazzo imperiale perché ella potesse assistere alle sedute, dietro ad una porta, alle spalle dell’imperatore e nascosta da una cortina che le permetteva di udire e di non essere vista.. Anzi, una volta, mentre ambasciatori armeni peroravano dinanzi a Nerone la causa del loro popolo, ella si accingeva a salire sul palco dell’imperatore e a sedersi vicino a lui, se, mentre tutti restavano attoniti, Seneca non l’avesse consigliato di andare incontro alla madre. E quell’atto di riverenza filiale evitò lo scandalo”

Alla morte dell’imperatore, però, si inimicò Burro e Seneca che considerava suoi rivali perché le si opponevano.

Ottenuta l’ascesa al trono del figlio Nerone, cercò di sgombrare la strada da qualsiasi ostacolo.

Si oppose, infatti, anche alla relazione tra il figlio Nerone e Atte, una liberta che cercava di allontanare l’imperatore dall’influsso materno.

“ egli si era lasciato irretire dalla libidine e dalle seduzioni di segreti convegni…sentiva ripugnanza per la moglie Ottavia, quantunque di sangue nobile e di specchiata onestà.

Agrippina, donnescamente fremente di avere per rivale una liberta, …senza aspettare che il figlio si ravveda…quanto più gli rinfacciava le sue svergognatezze, tanto più lo infiammava di questo amore. Infine, soggiogato dalla passione, depone ogni forma di rispetto verso la madre…Allora Agrippina, mutando tattica, comincia a circuire il giovane con blandizie …  tanto mutamento non ingannò Nerone…scelse una veste e alcuni gioielli e li mandò in dono alla madre…E tuttavia Agrippina protestava che con quei regali non si voleva tributarle onori ma piuttosto escluderla da altri e che il figlio dava a lei soltanto una parte di quanto per intero egli aveva da lei ricevuto…Ed ecco Agrippina abbandonarsi alle peggiori minacce e affermare …che Britannico … era il vero figlio, degno di succedere al padre…”

Ma nessuna munificenza poteva placare l’indignazione della madre…

Nerone dà ordine che siano allontanate le scorte pretoriane a lei assegnate un tempo come moglie e poi come madre dell’imperatore ed anche le guardie germaniche, datele in segno di deferenza … La soglia di Agrippina restò immediatamente deserta …”

Agrippina non ebbe buoni rapporti neanche con Poppea Sabina che cercava di convincere Nerone che il popolo e il Senato odiavano l’avidità e lo strapotere della madre.

Nerone aveva fatto assassinare il fratellastro Britannico perché Agrippina minacciava di favorirne l’ascesa al trono.

Britannico, infatti, era un pericoloso aspirante all’impero in quanto figlio di Claudio e della prima moglie Messalina.

Tacito:Annales XIII, 15

Turbato Nerone da codeste minacce e dall’avvicinarsi del giorno in cui Britannico avrebbe compiuto il 14 anno di età, andava rimuginando col pensiero, or l’accanimento materno, ora il carattere del fratello…Durante le feste saturnali…Britannico declama un carme dove era una chiara allusione alla sua cacciata dal trono paterno e dall’impero, suscitando un visibile compianto…sentì Nerone l’odiosità del suo odio e vieppiù s’inasprì nell’odio. Premevano insieme le minacce di Agrippina. …ordinò che fosse apprestato il veleno…si porge a Britannico una bibita ancora incontaminata ma caldissima…la si mescola con acqua fredda contenente il veleno…”

Sul viso di Agrippina, benchè cercasse di rimanere impassibile, apparvero i segni di un tale terrore e di un tale sbigottimento che fu subito evidente come fosse all’oscuro di tutto non meno della sorella di Britannico, Ottavia. Agrippina infatti si vedeva tolta così di mano l’estrema risorsa da quel delitto in cui era già prefigurato il disegno del matricidio”

Nerone aveva mosso molte accuse alla madre e si era servito di Giunia Salana che nutriva un forte rancore contro Agrippina.

Giunia aveva riferito a due suoi clienti, Iturio e Calvisio che Agrippina intendeva porre sul trono un discendente dell’imperatore Augusto, Rubellio Plauto, per poi sposarlo e diventare imperatrice al posto del figlio.

Nerone raccolse l’accusa nel 55.

Gli accusatori all’alba si recarono da Agrippina per informarla sui capi d’accusa pensando che la donna li avrebbe smentiti o avrebbe ricevuta la pena.

Burro alla presenza di Seneca e di alcuni liberti in qualità di testimoni, espose i capi d’accusa assumendo un atteggiamento minaccioso ma Agrippina si difese sottolineando il fatto che ogni sua azione aveva avuto come finalità quella di portare sul trono Nerone.

Sostenne, in modo fiero e sicuro, che Silana non aveva avuto figli per cui non sapeva che cosa significasse amore materno, oltre al fatto che era una donna impudica che cambiava continuamente amante.

Aggiunse poi che Iturio e Silano, ormai in miseria, avevano venduto a Silana, ormai vecchia, l’aiuto per sostenere l’accusa.

Ma questa era un’infamia a cui lei non si sentiva di sottostare né poteva sopportare.

Allo stesso modo Nerone non doveva essere sottoposto al rimorso di aver eliminato un parente stretto.

 Attaccò poi Domizia, zia di Nerone, che, aiutata dal ganzo Atimeto e dall’attore Paride, inventava storie che avrebbero potuto fornire lo spunto per trame teatrali.

Ella – affermava Agrippina – ampliava le sue attività scostumate mentre io contemporaneamente mi davo da fare per far ottenere a mio figlio l’adozione da parte dell’imperatore e il proconsolato, e organizzavo altre attività per portarlo al potere.

Vorrei vedere in faccia chi ha l’ardire di accusarmi ma ovviamente presentando delle prove inconfutabili, di aver sobillato le coorti contro mio figlio, di aver fatto vacillare nelle province la fiducia nei suoi confronti, di aver tentato di corrompere servi e liberti per sopprimere l’imperatore.

Vorrei anche confutare l’accusa che io avrei tentato di imporre Britannico al posto di Nerone. Se fossi riuscita sarei forse ancora viva?

E se Plauto Rubellio o chiunque altro fosse giunto all’impero col potere di giudicare, pensato che non ci sarebbero accusatori che non qualche parola imprudente detta sempre per eccesso di amore materno nei confronti del figlio mi rinfaccerebbero, ma quei delitti da cui non potrei essere assolta se non da un figlio”.

Con questo discorso aveva commosso i presenti tanto che Nerone, in un colloquio successivo, apparentemente convinto dalle parole della madre che non proclamava la

propria innocenza né gli rinfacciava i benefici a lui fatti, fa punire gli accusatori e fa ricompensare gli amici. Quando Poppea Sabina, nuova amante di Nerone, pretende di, diventarne la moglie, Agrippina si oppone con tutte le sue forze acchè Nerone divorzi da Ottavia.

Annales, XIV, 1

“ Poppea, non potendo sperare che viva Agrippina, l’imperatore la sposasse e ripudiasse Ottavia lo assaliva di continuo con rampogne

Nerone, pensando che dovunque ella fosse sarebbe stata pericolosa, decise di sopprimerla……Il liberto Aniceto, …già istitutore di Nerone e nemico di Agrippina, per reciproco odio, ebbe un’ingegnosa trovata. Si poteva costruire una nave, la quale, munita di uno speciale congegno, giunta in alto mare si aprisse e la facesse cadere in acqua…

trovandosi Nerone a Baia … là attirò la madre…a lei che veniva da Anzio egli va incontro sulla spiaggia e, presala per mano e abbracciatala, la conduce alla villa di Bauli…Agrippina si fece portare a Baia su una lettiga…al segnale dato, cedendo al peso del piombo che era stato messo sopra, il soffitto della cabina si sfascia…Agrippina e Acerronia, protette dalle spalliere del letto …si salvarono…Agrippina, nuotando in silenzio..potè raggiungere il lago Lucrino e rientrare nella sua villa….

comprese che contro le insidie del figlio non le restava che fingere di non aver compreso…

Divulgatosi il pericolo corso da Agrippina, …tutti accorrevano sulla spiaggia…Una folla immensa accorre …fino a che si disperde alla vista di una schiera armata e minacciosa. Aniceto circonda la villa con un corpo di guardia e, sfondata la porta, trascina via i servi che incontra”

La morte

Vide entrare Aniceto, accompagnato dal trierarco Erculeio e da Obarito, centurione della flotta: La donna chiese il motivo di quell’irruzione sottolineando il fatto che se

se era venuto a vederla, riferisse che si era ripresa, se invece era lì per commettere un delitto, non avrebbe mai creduto che ne fosse autore suo figlio; certo non aveva comandato il matricidio.

Gli uccisori circondano il letto e per primo il trierarco Erculeio la colpisce con un bastone alla testa

 Mentre già il centurione impugnava il pugnale per finirla, protendendo il grembo gridò: “Colpisci il ventre”! e morì, trafitta da molte ferite maledicendo col figlio l’origine stessa del delitto.

 Poi viene finita con molti colpi. Aveva 44 anni

Dispotica e violenta, ambiziosa, al di là della grandezza del figlio aveva visto la propria potenza.