TERENZIO

Publius Terentius Afer

Basandosi sulla Vita di Terenzio scritta da Svetonio, Elio Donato ci ha tramandato le vicende biografiche dello scrittore.

Nacque a  Cartagine  nel 185 a.C. ( anche se oggi si è più propensi a credere che sia nato nel 195) –  morì a Leucadia ? nel 159 a.C.

Fu liberto del senatore Terenzio Lucano che lo condusse a Roma; da lui prese il nomen e forse anche il praenomen  mentre il cognomen Afer rinvia chiaramente alla sua terra di origine.

Il suo protettore , prima di affrancarlo, aveva fatto sì che il giovane seguisse gli studi letterari; lo aveva poi introdotto  negli ambienti progressisti di Roma che facevano capo al Circolo  degli Scipioni.

Questo cenacolo di letterati, storici, filosofi (tra cui il filosofo stoico Panezio, lo storico Polibio, Scipione Emiliano, Lelio Minore, Rutilio Rufo) propugnava il culto della personalità e il rispetto dell’individualità;  sosteneva  che il recte vivere e la facultas recte sentiendi et cogitandi comportasse anche il recte loqui, per cui le grandi personalità dovevano anche dare forma letteraria alla loro quotidiana introspezione.

Con loro Terenzio si formò culturalmente e umanamente ed ebbe modo anche di apprendere i segreti della lingua latina raffinata ed elegante.

Nel 166 a.C. fu rappresentata la sua prima commedia, l’Andria.

Fino al 160 a.C. compose le altre 5 commedie per lo più statariae.

Accusato di aver usato la contaminatio, di condotta immorale  e di  essere il prestanome di homines nobiles, si difese dalle accuse nei prologhi e nelle note di commento delle sue commedie, ma in particolar modo nel prologo

dell’ Heautontimorumenos.

Tali accuse dovettero lasciare il segno se è vero che  dopo la rappresentazione

dell’ Adelphoe, nel 160 a.C., partì per un viaggio in Grecia da dove però non fece più ritorno, perendo in un naufragio.

Incontrò difficoltà ad affermarsi anche se era appoggiato da un intelligente attore Ambivio Turpione.

Pare che le prime rappresentazioni dell’Hecyra siano fallite perché il pubblico avrebbe preferito recarsi ad assistere a spettacoli di gladiatori e giocolieri.

In realtà forse la sua arte aristocratica era accessibile solo a persone di gusto e acculturate.

Terenzio fu accusato (soprattutto da Luscio Lanuvino, poeta malevolo,) di contaminatio e di essere il prestanome di grandi personaggi appartenenti al circolo degli Scipioni.

A differenza di Plauto nei prologhi non espone l’argomento dell’opera ma fa una polemica letteraria e si autodifende dalle varie accuse.

Aristocratico nella lingua e nello stile,  impostò le sue commedie su alcune  caratteristiche fondamentali:

– personaggi in coppia,

– azione lenta che termina con l’agnizione,

– uso del prologo  come discorso teso a difesa dell’autore,

– pochi  e non significativi cantica.

Predilesse lo studio dei caratteri che rimangono sempre coerenti pur nella diversità dei momenti e dei sentimenti e fornì una visione ottimistica   del mondo rappresentato .

Egli rifletté sul piano artistico le idee dei suoi nobili amici che proponevano un modus vivendi diverso dal rigido costume familiare degli avi.

Il problema che più lo appassionava  era l’educazione dei giovani: da un lato i vecchi severi e intransigenti , dall’altro i padri indulgenti e comprensivi.

Mancano in lui gli ammiccamenti al pubblico,  le allusioni , i colpi di scena.

Mirava infatti a creare un sentimento di sospensione, di suspence,  in attesa dello scioglimento dell’azione.

Trionfa nelle sue opere  l’ingenuo, non l’astuto o l’imbroglione.

Scarsa è la comicità in quanto preferisce il sorriso bonario ed indulgente che spesso si accompagna a considerazioni gnomiche ( quondam non potest fieri quod vis id velis quod possis)

Nella lingua si riscontrano  toni raffinati e colti , urbanità, equilibrio lessicale e sintattico elegante.

 

Andria – La ragazza di Andro,  del 166°. C.

Panfilo, che il padre Simone vorrebbe marito di Filumena, figlia del suo amico e vicino di casa, Cremete, ama invece Glicerio, ritenuta una cortigiana, venuta da Andro insieme alla sorella Crisside. La lite si risolve quando si viene a sapere  che anche Glicerio è figlia di Cremete. La ragazza , che era stata creduta morta in un naufragio, era stata invece salvata e affidata appunto a Criside. Allora Panfilo può sposare Glicerio, mentre Filumena sposa Carino che ne è innamorato.

Si nota:

  • cortesia nei dialoghi fra patrono e liberto;
  • cura con cui il padre segue la formazione del figlio;
  • stati d’animo di dubbio e  di incertezza; contrasto tra persone che pur volendosi bene, per un malinteso sono costrette a dubitare della buona fede dell’altro.

 

Hecyra – La suocera, del 165 a.C..

Panfilo ama la cortigiana Bacchide, ma in ossequio alla volontà paterna, sposa Filumena (che, con singolare accorgimento del’autore, non comparirà mai sulla scena). La donna,   giorno dopo giorno, riesce a conquistarsi l’amore del marito col suo comportamento dignitoso e il suo carattere dolce.

Un giorno Panfilo parte per un viaggio e Filumena, che sta per dare alla luce un bambino, frutto di una violenza da lei subita prima del matrimonio, lascia la casa dei suoceri e torna dai genitori. Panfilo torna e crede che la partenza della moglie sia dovuta a dissapori insorti tra lei e la madre, che, accortamente convince il marito a lasciare soli gli sposi dal momento che si ritiene che sia lei la causa del probabile fallimento del matrimonio del figlio; si ritira  perciò in una casa di campagna. Ma poi Panfilo viene a conoscenza della verità e vuole abbandonare Filumena. L’intervento di Bacchide e il riconoscimento di un anello che lei porta al dito e che era appartenuto a Filumena, fa scoprire  che le cose erano andate diversamente. Infatti era stato proprio Panfilo a violentare la ragazza sicché il figlio è suo.

E’ il capolavoro dello scrittore per l’originalità in quanto, in aperta rottura con le convenzioni della società borghese, ripudia molti luoghi comuni:

– suocera ostile alla nuora,

– cortigiane avide,

– moglie da ripudiare  perché non è giunta vergine al matrimonio.

Nei monologhi Terenzio traccia la storia di un cuore sofferente e apre la strada al teatro intimista borghese dell’800.

 

Heautontimorumenos –  Il punitore di se stesso, del 163 a.C.

E’ una commedia stataria ( per il minor numero di colpi di scena),  basata sull’educazione dei figli e sul rapporto tra giovani e anziani.

Menedemo da un po’ di tempo vive isolato, intento al duro lavoro dei campi.

Il vicino di casa, Cremete, lo rimprovera. Allora Menedemo gli racconta che 3 mesi prima aveva saputo che il figlio Clinia amoreggiava con una ragazza. Lo aveva rimproverato dicendogli che lui, invece, da giovane, era andato in guerra in Asia.

Dopo queste parole il figlio  era partito di nascosto e si era arruolato.

Ma ora Menedemo  è pentito perché pensa che il figlio debba essere in pericolo . Cremete generosamente gli offre consigli psicologici.

Poco dopo Clinia torna ma si nasconde in casa di Clitifone, figlio di Cremete.

Clinia è innamorato di Antifila, una modesta ragazza, Clitifone ama la cortigiana Bacchide, assai altezzosa.

A Cremete lo schiavo Siro fa sapere che la donna amata da Clinia sia Bacchide. Cremete riferisce la cosa a Menedemo che, sapendo il figlio sano e salvo, gli perdona l’amore per la cortigiana e non ascolta Cremete che lo esorta a non essere troppo indulgente.

Poi si scopre che Antifila è figlia di Cremete ed è la donna amata da Clinia.

I giovani si sposano e Cremete su suggerimento di Menedemo perdona il figlio che gli promette di lasciare la cortigiana e di sposare una fanciulla onesta.

 

 

EunuchusL’eunuco, del 161 a.C.

Per assecondare i gusti del pubblico, Terenzio inserisce nella commedia due tipi tradizionali; il parassita e il soldato ( che comunque vengono descritti come raffinati nei modi e nei sentimenti).

Panfila, una schiava, viene data in dono da Trasone, cui è sta venduta, alla cortigiana Taide.

Di Panfila si innamora Cherea, il quale, pur di stare vicino alla sua donna, si finge eunuco e si introduce, così vestito, nella casa di Taide.

Ma la scoperta che Panfila è una donna libera che, rapita dai corsari era stata regalata alla madre di Taide e, alla morte della vecchia, venduta al soldato Trasone, dà il via libera alle nozze.

Il personaggio più riuscito è Taide che unisce alla sfrontatezza delle donne del suo mestiere  una schietta generosità di sentimenti. Alla fine accetta di rimanere nella sua condizione, consapevole che tale  situazione è diventata per lei una seconda natura.

 

Phormio–  Formione, del 161a.C.

La commedia prende il nome dal parassita che ne è il protagonista.

Cremete e Demifone, 2 fratelli, dovendosi allontanare da casa, affidano i loro figli, Fedria e Antifonte, al loro servo Geta.

Ma Geta asseconda tutti i capricci dei 2 giovani e fa sposare con l’aiuto del parassita Formione il giovane Antifonte con una ragazza orfana e senza dote,Fanio, mentre Fedria, sempre per l’interessamento di Geta e Formione, può spassarsela con una bella citarista.

Ritornano i genitori e per fortuna si viene a sapere che Fanio era una ragazza libera  figlia di Cremete e quindi cugina di Antifonte.

Le nozze vengono celebrate in modo sontuoso alla presenza di Geta e Formione.

La commedia è ricca di colpi di trovate ma priva di sentimento.

 

Adelphoe –  I fratelli, del 160 a.C.

Demea e Micione sono 2 fratelli diversi fra loro.

Demea è all’antica, burbero e rozzo, padre di 2 figli, Eschino e Ctesifone, Micione è scapolo aperto alle idee liberali e progressiste e amante della vita cittadina.

Costui adotta Eschino e lo educa con un moderno sistema pedagogico.

Ctesifone, invece, rimane col padre Demea il quale alla fine, deve ammettere il fallimento del sistema educativo tradizionale.

Dominano i caratteri dei 2 vecchi, delineati con tratti nettissimi.

Comune a tutti i personaggi è l’humanitas che spesso giunge al sacrificio di se stessi a favore degli altri, ma il sacrificio è consumato senza ostentazione.

Lo stesso amore è visto non come passione ma come legame affettivo tra le anime.