EMILIO LUSSU

(Armugia, Cagliari,1890 – Roma, 1975)

Durante la I guerra mondiale è ufficiale di Fanteria nella brigata Sassari.

 Al termine del conflitto, nel 1920, fonda il Partito sardo d’azione, che ha come programma l’autonomia della Sardegna.

E’ eletto deputato sino all’avvento del fascismo.

Poiché si professa antifascista, è arrestato ed mandato al confino a Lipari da dove fugge e si rifugia in Francia dal 1929.

Qui è tra i fondatori del movimento Giustizia e Libertà insieme ai fratelli Carlo e Nello Rosselli, Gaetano Salvemini e altri intellettuali fuoriusciti.

Il programma del movimento consisteva nella realizzazione di una forma di economia mista in cui la proprietà statale potesse coesistere con la proprietà privata; poi nel rispetto dei diritti dei lavoratori, si poteva instaurare una autentica democrazia rappresentativa sulla base di libere elezioni.

Nel 1942 Giustizia e Libertà confluì nel Partito d’azione.

Nelle file del movimento partecipa alla Resistenza. Nel dopoguerra è eletto senatore più volte.

Ha scritto: Marcia su Roma e dintorni, 1933, impietosa ricostruzione dell’ascesa    

                                                                           del fascismo.

                 Un anno sull’altipiano, 1938, rievocazione della propria esperienza nella

                                                      prima guerra mondiale sull’altopiano di Asiago. 

1968: Sul partito d’azione e gli altri, indagine sulle vicende politiche degli ultimi 40 anni.

UN ANNO SULL’ALTIPIANO

Attraverso i ricordi personali Lussu delinea un ritratto sconvolgente della guerra: le sofferenze della vita in trincea, i massacri degli assalti, il sacrificio inutile di tante vite, a causa dell’incompetenza dei comandanti, la disperazione. 

L’azione si svolge sull’Altipiano di Asiago. Il romanzo cronachistico ha una localizzazione precisa: il battaglione, giunto dal Carso, si insedia a Buso (minuscolo villaggio che sbarra lo sbocco di Val Freuzena), mentre gli avamposti vengono sistemati verso Rouchi.

Per ogni movimento dell’esercito lo scrittore offre una minuziosa e precisa localizzazione.

 I soldati quando giungono in questa zona sono felici di aver abbandonato il Carso, terra brulla e inospitale, convinti che una guerra fra le montagne attorno ad Asiago, sarà certamente migliore.

L’arco temporale in cui l’azione si svolge è limitato. Lo stesso Lussu nella prefazione precisa che i fatti riguarderanno solo uno dei quattro anni vissuti in guerra. L’anno, all’apertura del romanzo, è il 1916; tale data è poi esplicitamente rivelata quando il tenente colonnello Carriera Michele dopo aver dettato una lettera, aggiunge: Casara Zebio, 17 agosto 1916.,

Nel giugno del 1916 il terzo battaglione giunge nell’Altipiano di Asiago dove gran parte dei territori sono stati occupati dagli austriaci.

I ragazzi sono felici di aver lasciato il Carso, dove si svolge una logorante guerra di trincea, convinti che li attenda una guerra più movimentata e affascinante.

Nel racconto azioni di guerra e guerra statica si alternano mentre i giovani sono costretti a realizzare come la stupidità e la bramosia di alcuni ufficiali portino ad un’assurda morte di decine di commilitoni.

Le azioni di guerra sono descritte con particolare minuziosa dovizia di nomi, località, date.

 Il tema del “cerimoniale” compare lungo tutta la narrazione: l’autore ci mostra come le assurde cerimonie oratorie fossero frequenti in tempo di guerra (da quelle del duca D’Aosta a quelle del sindaco Aiello).

La guerra viene esaltata in toni pittoreschi: “la guerra non è così dura come noi la immaginiamo. Questa mattina, quando ho visto entrare nella città i vostri soldati in festa, accompagnati dal suono della fanfara più gioconda che si possa mai concepire, ho capito, e tutta la popolazione lo ha capito con me, che la guerra ha le sue belle attrattive”.

In particolare l’esaltazione della guerra, del sacrificio e della dedizione alla patria è tipico di alcuni alti graduati “fanatici”.

L’assurdità del loro modo di pensare si rivela in particolare quando mandano i soldati ad azioni che li porteranno sicuramente alla morte.

Un esempio significativo: il tenente Leone obbliga un caporale a guardare attraverso la feritoia di una trincea, pur sapendo che su di essa sono puntate le mitragliatrici austriache che con un colpo solo uccidono il caporale.

Leone, a questo punto, elogia il ragazzo definendolo “eroe” della patria.

“i suoi occhi nuovamente incontrarono i miei. Fu un attimo. In quell’istante mi ricordai d’aver visto quegli stessi occhi, freddi e roteanti, al manicomio della mia città”

Importante nel contesto il ruolo dell’alcol, definito benzina in quanto è il carburante necessario per dare ai soldati la forza per continuare.

Significativo l’episodio in cui i soldati si rifiutano di andare all’assalto in quanto non hanno ricevuto la quotidiana razione di alcol.

Eppure se tutti, di comune accordo cessassimo di bere, forse la guerra finirebbe”

Importante nella narrazione è anche l’accusa contro gli speculatori, che si arricchiscono sulla guerra.

“Che belle scarpe! Sulle suole, con bei caratteri tricolori, c’era scritto: Viva l’Italia” Dopo un giorno di fango abbiamo scoperto che le suole erano di cartone verniciato color cuoio”

Lo scrittore, pur protagonista, non riveste un ruolo particolare. Infatti vi sono tanti altri personaggi, tra cui qualcuno particolarmente significativo: es. il tenente Leone, un ometto odiato persino dagli stessi ufficiali; mentre tutti stanno brindando alla sua morte si vede ricomparire dalla folla come in un incubo.

Il tenente colonnello dell’osservatorio di Stocarredo è l’incarnazione vivente dell’attaccamento alla bottiglia.

Si contrappongono i soldati semplici e gli alti gradi dell’esercito. Spesso gli ufficiali che incarnano l’assurda dedizione alla guerra sono spesso odiati

“Bisognerebbe ammazzarli tutti, dal capitano in su. Altrimenti, per noi, non c’è scampo”

Episodio significativo è quello del capitano Canevacci, uno dei più odiati che caduto in una scarpata viene salvato da un soldato. Questi però è aggredito dai commilitoni che non ammettono che si possa salvare un siffatto individuo.

“Salvare il generale! Confessa che sei stato comprato dagli austriaci”