MONTALE

Montale

La poesia di M è stata considerata la più alta di tutto il 900 italiano, pari alle espressioni liriche di Petrarca e Leopardi.

 I suoi scritti comprendono 4 raccolte di liriche brevi, un quaderno di traduzioni, di poesie e vari libri di traduzioni in prosa oltre a 2 volumi di critica letteraria e uno di prosa di fantasia e d’invenzione; scrisse anche un epistolario e una ricca produzione giornalistica.

La I opera, Ossi di seppia, nel titolo ha chiaro riferimento all’osso interno dell’animale marino che dopo la morte galleggia tra le “inutili macerie” dell’abisso, comprende 58 poesie scritte tra il 1920 e il 27 e risente chiaramente degli influssi pascoliani, dannunziani e dell’esperienza vociana.

All’insieme di nomi, persone, dati atmosferici, marini, terrestri, oggetti concreti Montale oppone il canto del nulla e del non essere creando contrasti tipici dell’implacabile realtà della vita espressi in rime nude, petrose (in contrapposizione alla frantumazione ungarettiana) che rivelano l’angoscia dell’uomo moderno, condizione umana nota agli uomini di quel secolo che non riescono a sfuggire alla vacuità e alla monotonia della vita di ogni giorno.

Nascono figure di donne vive e morti annunciatrici ammirabili e temibili di una salvezza ardua; oppure presenze larvali. La vita è sentita come un’agonia attraversata solo raramente da trasalimenti e proprio questa disperazione prolungata a volte appare programmata..

Solo nelle poesie della raccolta più tardi esplode il meglio del Montale che appare meno artificioso e letterario.

 Le occasioni” è un volume di poesie scritte tra il 1929 e il 39, divise in 4 parti. Inizia con una lugubre premonizione rivissuta nel ricordo e si conclude con una visione panoramica della vita passata. I temi sono tratti dalle occasioni di viaggi reali o immaginari di incontri o separazioni con esseri femminili; si passa poi ai 20 brevi testi divisi in 2 parti indirizzati ad un “tu” immaginario che sta tra il divino e il demoniaco così potente da trasmetter in ogni elemento dello spazio o del tempo la propria potenza. Montale per rendersi credibile deve dunque colpire, ammutolire gli uomini che sono evocati con un linguaggio misto di pietà e di disprezzo.

L’ultima parte del libro sembra riprender tutti i temi precedentemente con una tonalità angosciosa e accorata.

Si passa così dai paesaggi dove l’attimo fuggente strappa ogni cosa al tempo, ai momenti di recupero del passato fino all’apocalisse totale in cui viene introdotta ogni comunicazione col mondo umano.

Con la Bufera e altro siamo tra i più difficili versi, conseguenza di un recupero di Mallarmè, del simbolismo francese e inglese, dei rinnovati contatti di ShaKespeare e il Petrarca.

 Nelle Bufere   quelle premonizioni che nelle Occasioni riguardavano un uomo ora riguardano la sorte comune di tutti gli uomini combattuti tra io e non io nella esasperata ricerca di sé stessi.

Tra le ultime poesie della Bufera e l’ultimo Montale comico ed epigrammatico stanno i momenti più commoventi di Xenia, una serie di 14 frammenti offerti come doni votivi alla memoria della moglie.

Montale è stato anche un eccezionale traduttore di poesie e un critico di autori italiani e stranieri contemporanei.

Anche le sue brevi narrazioni fantastiche ed umoristiche come le corrispondenze giornalistiche sono da considerarsi frutto di un atteggiamento critico nei confronti del mondo e dei costumi umani piuttosto che semplici narrazioni.

 

La sua opera si presenta compatta ed organica; infatti nello sviluppo della sua poetica non vi sono fratture ma un costante approfondimento di tematiche ed un’attenta ricerca linguistica.

Montale rappresenta una delle voci più alte della poesia italiana ed europea del ‘900. Grandissima fu l’influenza della sua opera non solo negli anni 30 ma anche negli anni 50 tanto che un critico disse “la componente monta liana è talmente penetrata nel nostro linguaggio poetico, da potersi considerare ormai un fatto di cultura: in questo senso M. è un classico come Leopardi o Pascoli”

Numerosi sono gli elementi cardine su cui la poesia di M. si è sviluppata: l’aderenza alla realtà, all’oggetto che viene colto nelle sue caratteristiche fisiche ma poi trasfigurato in simbolo; la ricerca di una verità sfuggente ma non del tutto impenetrabile anzi talvolta percettibile per brevi, miracolosi attimi; l’assiduo interrogarsi sulla funzione del poeta, rifuggendo da facili e ottimistiche semplificazioni.

Secondo Salinari la lingua di M. è costantemente caratterizzata dal tentativo di “ridurre al minimo la distanza esistente tra le cose e le parole che le rappresentano” dal “processo di liberazione del superfluo, di ricerca della parola più aderente all’oggetto, di essenzializzazione e insieme di ricerca di tutti i particolari di una scena o di un’immagine”, una lingua, quindi, nello stesso tempo essenziale e narrativa”.

La duplice continuità tematica e linguistica ci dimostra come il poeta abbia atteso per tutta la vita alla produzione di un unico “libro” ricco di ramificazioni ma organico e le singole raccolte si presentano come vere e proprie opere in cui anche il titolo, gioca un ruolo di definizione illuminante.

Ossi di seppia (1925;1928) esce a Torino a cura dell’intellettuale antifascista Piero Gobetti, comprende i testi scritti tra il 20 e il 25 riordinati dal poeta in un percorso che non rispecchia sempre l’ordine cronologico.

 La scelta di Gobetti come editore testimonia l’antifascismo di M. che pochi mesi dopo aderirà al manifesto degli intellettuali antifascisti steso da Benedetto Croce. Tuttavia in Ossi vi sono solo tracce assai indirette del difficile momento sociale in cui l’opera è nata.

La crisi contingente è assorbita in una crisi assai più ampia: negli Ossi il tema dominante è quello del male di vivere, l’impossibilità di una qualsiasi consolazione o salvezza per l’uomo perché perfino la poesia è impotente a superare questa condizione esistenziale; il poeta intravede di tanto in tanto un “varco” nel muro che isola l’uomo, ma è solo la percezione di un “oltre”, di un al di là irraggiungibile, di un “rifiorire” che è presente nella natura ma che è interdetto all’uomo.

A proposito degli Ossi si è parlato di pessimismo cosmico: pessimismo che non è risolto però attraverso “il canto” dei sentimenti ma attraverso la rappresentazione, apparentemente distaccata e neutra di oggetti e paesaggi; gli oggetti, scarni, disseccati, spesso quasi relitti dell’essere, diventano simboli di una condizione vista tutta al negativo.

Contini: Il poeta si sofferma a descriver “il male di vivere” che ha incontrato e non è in grado di dire al suo lettore che ciò che non siamo e non vogliamo.

Eppure esso è vastamente descrittivo:il paesaggio arso, scabro e marino della Liguria è composto come in un ritratto; ma il risultato di questo affannoso sforzo descrittivo porta alla luce le “inutili macerie” dell’abisso marino.

Il linguaggio è anch’esso spoglio privo di ogni retorica, e di ogni elemento ornamentale: al lessico della tradizione poetica M affianca quello ricavato dal “gran semenzaio della prosa”.

  1. mantiene una metrica nel complesso classica, anche se spesso piegata a nuove esigenze espressive, anche attraverso l’uso di versi di lunghezza irregolare o con accenti irregolari.

I temi ricorrenti in tutta la raccolta sono quelli della realtà oggettuale in un’ora particolare: il mezzogiorno estivo e quello del muro che rinchiude e separa.

In particolare in Meriggiare il paesaggio estivo è rappresentato come arido e avvolto in un torpore opprimente ma certo non privo dei segni di vita.

La percezione delle forme di vita è affidata agli occhi e all’udito. Il poeta si fa quasi oggetto tra gli oggetti, ponendosi da un punto di vista impersonale.

 Il tema dell’arsura, di un paesaggio prosciugato, spaccato in cui ben poco che non sia osso, residuo duro e inanimato è rimasto.

La 2 raccolta pubblicata nel 1939 presso Einaudi, Le occasioni, si presentano come poesia in certo modo più autobiografica, a volte addirittura cronachistica, più ricca di elementi della storia personale e privata del poeta.

Ma nello stesso tempo giunge al suo punto massimo la tecnica dell’oggettivare, di rappresentare non il sentimento, l’emozione ma il suo correlativo oggettivo, secondo la formula di Eliot, poeta che M. tradurrà: l’oggetto diviene quindi il simbolo che, a fronte della crisi di identità del poeta, quasi parla da sé di una situazione emozionale. Le occasioni ampliano la poesia della memoria: questa ricostruisce ciò che è stato ma ne rileva l’insieme l’essenza: perciò il contatto col passato è destinato ad essere precario ed illusorio.

In Le occasioni troviamo anche la tematica del varco, della possibilità, seppure minima e precaria, di salvezza.

La salvezza sta al di là dell’uomo, nell’eccezione, nel miracolo che può rompere lo stato di necessità in cui l’uomo si trova e aprire uno spiraglio di libertà.

In questa raccolta sono spesso mitiche le figure femminili che rappresentano tale possibilità di salvezza.

Da un punto di vista formale nelle Occasioni   il poeta adotta una metrica molto vicina a quella classica: nei Mottetti, ad esempio, M. riprende un tipo di componimento poetico che risale al ‘200. (Non recidere, forbice, quel volto)

La casa dei doganieri è considerata una delle poesie più significative ed emblematiche di M.

 L’occasione non è esplicita ma piuttosto presupposta: il poeta ritorna alla casa dei doganieri in cui, in una sera lontana è stato con la donna da lui amata; egli ricorda quella sera ma la donna non solo se ne è andata ma neppure ricorda più.

Da questa occasione prende avvio l’elaborazione simbolica del tema: il filo della memoria comune si è rotto e con esso si è persa anche quella minima possibilità di salvezza che sembrava baluginare all’orizzonte.

La bufera ed altro è divisa in 7 sezioni.

La prima è Finisterrae in cui filtrano spesso echi della terribile situazione dell’Europa sconvolta dalla guerra a cui allude simbolicamente il titolo della prima lirica.

La bufera è più esplicitamente il motto di un poeta francese D’Aubignè, preposto alla raccolta “I principi non hanno occhi per vedere queste grandi meraviglie/le loro mani non servono più che a perseguitarci”

Tuttavia la realtà esterna non viene dal poeta affrontata direttamente ma piuttosto entra, come elemento, a far parte di quella vita autentica, già destituita di significato che è il vero tema di tutta la poesia montaliana.

E’ presente anche in questa sezione che pure “è desolata alla radice” (Ramat) la possibilità di riscatto nella figura della donna, fonte mitica di salvezza.

Contini: La bufera è la “sede di una verità in forma di mito”: una verità, comunque, che non è certa né definitiva ma piuttosto desiderio di credere in qualcosa di stabile, di autentico, al di là dell’uomo.

  1. introduce anche i simboli e i temi della religione cristiana ma in lui questo non è da intendersi come accettazione di una fede quanto piuttosto come evocazione di una speranza, di una possibilità di “assoluto”.

A questa problematica “religiosa” si accompagna, soprattutto nella 5 sezione, Silvae, il recupero degli affetti familiari: il ricordo assume addirittura la funzione di “ponte” tra il mondo dei vivi e quello dei morti (tema già in parte adombrato nella Casa dei doganieri).

 Nella 6 sezione “Madrigali privati” vi è anche una evoluzione della figura della donna che qui è diversa da quella mitica precedente: è assai più terrena, domestica. Attraverso questa donna “volpe” come il poeta la chiama, vi è un recupero degli affetti privati e degli aspetti più quotidiani della vita.

La quarta raccolta Satura ha un tono più dimesso, colloquiale, povero, coerente con la scelta di temi più privati (si è parlato a questo proposito di diario intimo).

Nelle 2 sezioni di Xenia (termine greco che indica i doni che si offrivano agli ospiti) M indica che queste liriche sono un suo “dono funebre” offerto alla moglie Drusilla Tanzi, morta nel 1963.

La moglie che M chiamava affettuosamente Mosca, viene ricordata nei suoi atti più semplici, più quotidiani, apparentemente irrilevanti ma che illuminano la realtà di una vita trascorsa insieme.

In Xenia il colloquio con la donna con cui ha condiviso una vita continua pacato e familiare anche dopo la sua morte.

Nelle altre 2 sezioni di Satura è presente ancora il tema del ricordo della moglie ma l’orizzonte si allarga su temi della società attuale che M. vede come irreparabilmente massificata.

Fine dell’infanzia

In questo brano il poeta ci offre una particolare interpretazione della fine della sua infanzia.

Dice che da bambino vedeva in modo fantasioso il mondo circostante: le nubi, ad esempio, non erano qualcosa di scientifico ma sorelle che si muovevano nel cielo.

Anche la natura era qualcosa di incantato su cui si poggiavano gli occhi pieni di fantasia del bimbo. La natura era il rifugio, la meta di tutti i sogni. Ma il tempo era passato velocemente e la certezza delle nuove conoscenze aveva sommerso i sogni e le illusioni. Un certo giorno la porta che chiudeva fuori il mondo dei grandi fu oltrepassata da una lieve lama di luce, i bimbi aprirono quella porta facendola stridere sulla ghiaia del giardino della loro infanzia. “All’apparir del vero” la realtà si mostrò in tutti i suoi neri contorni.

Si sentiva nell’aria l’attesa di un evento prodigioso, come era straordinario un bimbo che guardava il mondo circostante. Era giunto anche per il poeta il momento dei perché, la fanciullezza scompariva portando con sé tutti i giochi dell’infanzia. Questa volava via come una barchetta sospinta dal vento.

I bimbi guardavano con sgomento l’attimo che fuggiva; poi nella finta calma del mare cominciò a soffiare un vento impetuoso.