GERMANICO

Roma ,15 a.c. – Antiochia, 19 d.c.

Caio Cesare Germanico, padre di C. Cesare, figlio di Druso maggiore e di Antonia

  minore, fu adottato dallo zio Tiberio, che lo aveva designato alla successione, preferendolo al proprio figlio Druso.

Era imparentato anche con Augusto dato che la madre era figlia di Ottavia, la sorella di Augusto.

Sposò Agrippina maggiore, figlia di Giulia, che a sua volta era figlia di Augusto.

Dalla moglie, che lo aveva seguito in Germania, ebbe 9 figli

Subito dopo il consolato, aveva avuto la questura, 5 anni prima che ciò fosse concesso per legge.

Inviato in Germania a capo dell’esercito, alla notizia della morte di Augusto, tutte le legioni sotto il suo comando, gli offrirono la massima carica, rifiutando Tiberio come imperatore ma lui, non si sa se per amore filiale o fermezza d’animo, li frenò e vinti i nemici, ebbe l’onore del trionfo nel 17 a.c.

Eletto console per la seconda volta, prima di entrare in carica sistemò i problemi d’Oriente vincendo il re dell’Armenia e ponendo sul trono un sovrano fedele a Roma; ridusse poi la Cappadocia a provincia.

Andò successivamente in Egitto, senza il consenso di Tiberio, dove compì una visita al santuario di Api, atto discutibile per i tradizionalisti Romani

Ad Antiochia morì a 34 anni nel 19.  

Si sospettò che su ordine di Tiberio fosse stato avvelenato da Cn. Pisone, proconsole di Siria, aiutato dalla moglie Plancina.

Calpurnio Pisone era stato affiancato a Germanico da Tiberio per controllo.

 Ad avvalorare tali sospetti sul suo corpo erano state trovate macchie mentre dalla bocca colava bava. Dato che dopo la cremazione il suo cuore era rimasto intatto fra le ossa, era credenza diffusa che la struttura di tale organo sia tale da non poter essere distrutto dal fuoco quando è impregnato di veleno.

Cn. Picone a quel tempo dimostrava palese ostilità nei confronti di Germanico e Caligola; infatti attaccò Germanico, anche quando era malato, con parole ed atti molto offensivi, esagerando sotto ogni profilo. Per tale condotta poco mancò che venisse linciato quando ritornò a Roma e venne condannato a morte dal senato.

Pisone, accusato di veneficio e di sedizione perché aveva tentato di riprendere con la forza il governo della Siria che era stato dato ad altri dopo la morte di Germanico, si diede la morte mentre Plancina si salvò per l’intervento interessato della vecchia Livia, la moglie di Augusto.

Germanico era dotato di tutte le virtù dell’animo e del corpo: aveva una bellezza e una forza meravigliosa, un ingegno superiore nell’eloquenza e nella cultura sia latina che greca. Era inoltre di una singolare bontà e un sorprendente desiderio di accattivarsi la simpatia delle persone e di ottenerne l’affetto.

All’inizio la gracilità delle sue gambe contrastava non poco con la bellezza del viso ma egli con l’assiduo esercitarsi a cavallo dopo i pasti a poco a poco le rese più robuste.

Fu anche uno scrittore interessante: Scrisse gli Aratea, un poema didascalico in 2 libri in cui rielaborò in versi latini il poemetto di Arato, con maggior rispetto letterario ma più liberamente rispetto alla traduzione fatta da Cicerone.

Rifece liberamente anche il I libro dei Phaenomena (c.700 esametri in stile neoterico) e I Prognostica (dal II libro di Arato) ma in modo più nuovo: Ermanico pone al posto di Giove il proprio sovrano; così il dedicatario diventa l’ispiratore stesso della poesia.

Il poema si ricollega ai topoi tradizionali del poema antico ma le descrizioni sono fredde e staccate. (Ab Iove principim magno deduxit Aratus/carminis at nobis, genitor, tu maximus auctor).  Germanico era stato un soldato di grande valore, fautore di una politica espansionistica cara ai militari, desiderosi di bottino, e di gran parte della popolazione.