SENECA

Lucio Anneo Seneca

Nacque  a Cordoba, in Spagna all’incirca nel 4 a.C. da ricca famiglia provinciale di rango equestre .

Il padre, Lucio Anneo Seneca il Vecchio, era un celebre maestro di retorica.

Nel 15/20 d.C. fu condotto a  Roma per compiere gli studi; ebbe come maestri il neopitagorico Sozione  e il retore Papirio Fabiano che aderiva alla setta dei Sesti;  da costoro fu educato a pratiche ascetiche, al vegetarianesimo, ad un ideale filosofico che prescriveva l’isolamento per raggiungere  la vera libertà dello spirito.

Cagionevole di salute, si recò in Egitto dove rimase alcuni anni.

Tornato a Roma si dedicò alla carriera politica e forense e iniziò il cursus honorum: fu questore, senatore, pretore,  console.

Un suo discorso in senato gli  attirò l’ira di Caligola.

Nel 41 fu esiliato in Corsica da  Claudio per gli intrighi di Messalina, moglie dell’imperatore  che era gelosa di Giulia Livilla,  la sorella di Caligola, amica dello scrittore.

Vi rimane 8 anni, cercando conforto nella filosofia stoica che insegnava come il sapiente dovesse sopportare con fermezza gli strali del destino.

Nel 49 Agrippina, nuova imperatrice,  lo richiamò a Roma e  lo nominò precettore di Domizio Nerone,  il figlio di primo letto che essa si proponeva di far salire al trono.

Del giovane Seneca divenne consigliere insieme al prefetto del pretorio Afranio Burro.

Dopo  la morte di quest’ultimo, collaborò ancora per almeno 5 anni con  Nerone, assecondandone le tendenze artistiche e lasciandogli una certa libertà.

Ma  per il crescere delle  scelleratezze di Nerone, si ritirò, ricchissimo, a vita privata.

Accusato di complicità esterna nella congiura dei Pisoni, per ordine di Nerone si uccise nel 65, conversando con gli amici e lasciando come testamento spirituale “ quell’unico bene che ancora gli rimaneva, ma pure il più bello, l’immagine della propria vita”.

Gli antichi gli rimproveravano la contraddizione fra l’elevatezza dei principi morali e filosofici predicati negli scritti e i compromessi a cui dovette abbassarsi negli anni in cui fu precettore e ministro di Nerone.

Lo stile dei suoi scritti  risente dell’influenza delle scuole di retorica e del gusto asiano allora imperante, anche se Seneca si dichiara contrario (nell’epistola 114) alla ricerca artificiosa della bella forma;  dichiara , infatti, che un discorso per servire la causa della verità dev’essere spontaneo e semplice. Il lessico, pur ricercato, presenta neologismi e  talora anche volgarismi.

La prosa è concisa, brevi frasi sono accostate con poca subordinazione.

 

 

Opere

 

Dialoghi (Dialogorum libri XII): l’autore parla sempre in prima persona, avendo come unico interlocutore il dedicatario dell’opera.

 

Consolatio ad Marciam:  si propone di consolare Marcia, donna dell’alta società romana, che da 3 anni  soffriva per la perdita  del figlioletto Metilio. Si impegna nella dimostrazione che la morte non è un male, anzi è il passaggio ad una vita migliore. Si nota il carattere retorico sia nei temi che nello stile elaborato e sostenuto.

 

De ira: si propone di combattere tale passione affermando che l’ira non è mai accettabile né utile.

 

Consolatio ad Helviam matrem : destinata alla madre che soffre per la condanna e la lontananza dello scrittore. Egli afferma  che il mutamento di luogo non può togliere all’uomo l’unico vero bene che è la virtù e che il sapiente ha come patria il mondo intero.

 

Consolatio ad  Polybium: potente liberto segretario di Claudio;  per consolarlo della morte del fratello, Seneca inserì smaccate adulazioni a Claudio e a Polibio stesso sperando, inutilmente, di ottenere il ritorno dall’esilio.

 

De brevitate vitae:  dedicato all’amico Paolino, sostiene che gli uomini a torto si lamentano della brevità della vita; infatti essa, se sai farne buon uso, è lunga.

 

De  vita beata:  afferma di non condurre una vita da sapiente  e cerca di correggere i suoi difetti, affermando che le sue ricchezze  non sono state acquistate con delitti o ignominia, e che egli ne fa buon uso beneficando i suoi simili.  A causa delle circostanze è costretto  a vivere come l’opinione pubblica pensa che debba vivere un alto cortigiano,  ma è pronto a rinunciare alle richhezze e a vivere come si addice ad un saggio quando lo potrà.

 

De tranquillitate animi:dedicata all’amico Anneo Sereno; questi  chiede aiuto al filosofo perché si trova  in una condizione di insicurezza e instabilità spirituale. Seneca gli indica alcuni rimedi: l’impegno nella vita attiva per il bene comune, l’amicizia dei buoni, la parsimonia, la frugalità e la serena accettazione delle sventure e della morte.

 

De otio: si rivolge a Anneo Sereno  e affronta il problema dell’impegno e del disimpegno, chiedendosi se il sapiente debba o no partecipare alla politica attiva.

 

De providentia: risponde all’amico Lucilio che gli ha chiesto perché mai i buoni sono colpiti dai mali dal momento che lo stoicismo afferma  che l’universo è retto dalla provvidenza divina. Seneca risponde che  si tratta di prove a cui gli dei sottopongono  i buoni per aiutarli a perfezionarsi moralmente.

De constantia sapientis: dedicato ad Anneo Sereno, dimostra la tesi secondo cui  il sapiente non può essere colpito da nessuna offesa, perché la sua forza  morale lo rende invulnerabile  di fronte a qualsiasi attacco esterno.

 

I trattati:

De clementia:in 3 libri, trattato indirizzato a Nerone, di cui sono giunti il I e parte del II: afferma che l’autorità del principe trova dei limiti solo nella sua saggezza e nell’amore che porta ai sudditi. La clemenza è la virtù del re giusto e buono e la migliore forma di governo è la monarchia.

 

De beneficiis: in 7 libri dedicato all’amico Ebuzio Liberale, dà precetti particolareggiati sul retto modo di fare e di ricevere i benefici, fondamento della convivenza civile e della vita sociale.

 

Naturales quaestiones: in 7 libri,  è un trattato di scienze naturali dedicato a Lucilio. Tratta di argomenti meteorologici: si propone lo scopo di liberare gli uomini dai timori che nascono dall’ignoranza dei fenomeni naturali.. Ci sono digressioni di carattere moralistico  e viene esaltato il progresso scientifico.

 

Epistules morales ad  Lucilium:opera filosofica in cui esprime in modo maturo e consapevole la sua visione della vita e dell’uomo. E’ una raccolta  di 124 lettere in 20 libri,  scritte dopo il ritiro dall’attività politica e destinate ai posteri. Si trovano spunti tratti dalla vita quotidiana utilizzati in funzione morale. Il tono è familiare e colloquiale. Si nota assenza di sistematicità, tuttavia il filo conduttore sono i progressi di Lucilio che non sono solo di tipo intellettuale  ma anche morale. Temi sono: esortazione all’otium, invito al secessus e  lotta contro le passioni in quanto l’unico vero bene è la virtù.

 

Apokolokyntosis o Ludus De morte  Claudii: scritto satirico pieno di spirito polemico e vendicativo.  Ha la forma di satura menippea. E’ un misto di prosa e versi, scritto dopo la morte dell’imperatore. Questi, si presenta alle porte dell’Olimpo per essere ammesso fra gli dei ma questi, in consiglio, decidono seguendo il suggerimento di Augusto di mandarlo agli Inferi dove viene condannato da Eaco a fare da cancelliere al suo liberto Menandro.

Seneca mette in feroce caricatura tutti i difetti del defunto e lo presenta come  sciocco, crudele e soprattutto crudele. E’ trasformato in zucca.

 

Tragedie:

Ottavia, ritenuta spuria, è ambientata nella corte imperiale e  ha come protagonisti Nerone e lo stesso Seneca che tenta di consigliare moderazione e clemenza all’imperatore che, da crudele tiranno,  condanna a morte la moglie Ottavia.

 

Agamennon, riproduce la vicenda dell’omonima tragedia di Eschilo ( uccisione di Agamennone  per mano della moglie Clitennestra)

 

Oedipus,segue quasi sempre Sofocle ( Edipo, re di Tebe, apprende di aver ucciso il padre Laio e di aver sposato la madre Giocasta)

 

Phoenissae, è una serie di scene staccate.

 

Hercules furens,riprende la vicenda dell’Eracle di Euripide ( Ercole, in un accesso di follia, uccide moglie e figli; ritrovata la lucidità gli viene impedito il suicidio dal padre Anfitrione e dall’amico Teseo.

 

Medea,trama corrispondente a quella di Euripide, Abbandonata da Giasone, Medea che ha aiutato l’uomo a conquistare il vello d’oro, saputo delle nozze di lui con la figlia di Creonte, re di Corinto, utilizzando arti magiche fa morire il re e la figlia; alla fine uccide i propri figli e vola via su un carro trainato da serpenti alati.

 

Phaedra,vicenda identica a quella dell’Ippolito di Euripide. Fedra, moglie di Teseo, re di Atene, è preda della passione per il figliastro Ippolito. Respinta da lui, per vendicarsi accusa il giovane di averle usato violenza. Un mostro marino, in seguito alla maledizione di Teseo lanciata contro Ippolito, provoca la morte del giovane. Allora Fedra, disperata, confessa la colpa e si uccide.

 

Thyestes,  Atreo, adirato contro il fratello Tieste che gli ha insidiato la moglie e tentato di togliergli il regno, lo invita a pranzo  e dopo averli uccisi, gli propina come pranzo le carni dei suoi figlioli. Tieste è inorridito  mentre Atreo si gode la vendetta.

       

Troades, caduta Trioa, le prigioniere dei Greci piangono la loro sorte. Ecuba vedova di Priamo, assiste impotente al sacrificio della figlia Polissena, sulla tomba di Achille ; Andromaca assiste alla morte del figlio Astianatte che viene gettato giù da una torre.

 

Tutte queste  opere, scritte  in versi, costittuiscono non teatro di opposizione ma di esortazione ; furono infatti composte  non per essere sappresentate ma per le recitationes.

Al centro di tutte c’ è il rovinoso scatenarsi di sfrenate passioni, e la lotta tra il furor e la ragione.

C’è una visione cupa e pessimistica delle vicende umane oltre al gusto dell’orrido e del macabro oltre ad un maggiore interesse per la parola più che per le azioni.

Nonostante gli eccessi barocchi, però, nelle tragedie più riuscite c’è lo scavo profondo e potente  negli abissi più tenebrosi dellì’animo umano.

 

 

Consolatio ad Marciam  (19, 5-6)

La morte è la liberazione da tutti i dolori e il termine oltre il quale non vanno i nostri mali; essa ci pone in quello stato di tranquillità nel quale eravamo prima di nascere. Se qualcuno piange i morti deve anche piangere coloro che non sono nati. La morte, quindi, non dev’essere considerata né  un bene né un male. Si considera  infatti un bene o un male ciò che è qualche cosa; ma ciò che di per sé stesso  non è niente  e al nulla riporta tutto, non influisce per nulla  sulla nostra sorte; il bene e il male,infatti, vertono sopra un oggetto. Non può essere sotto il dominio della fortuna  ciò che la natura ha abbandonato, né può essere infelice colui che non esiste più. Tuo figlio ha varcato i limiti della servitù, è stato accolto da una pace grande e duratura. Egli non è più turbato dalla paura della povertà, dall’amore per le ricchezze, dagli sproni della passione che consuma l’animo tramite il piacere; egli non è toccato dall’invidia per la felicità degli altri, nè si preoccupa più della propria; neanche una parola insolente arriva  alle sue caste orecchie. Egli non vede più nessuna rovina pubblica o privata. Non rimane più, nella preoccupazione del futuro, con l’animo sospeso circa  il suo avvenire, né è  incerto nelle sue promesse. Egli ha trovato finalmente una sede stabile là, da dove  niente  potrà cacciarlo, e dove nulla  gli potrà più fare paura.

 

 

 

Uno spettatore disgustato       Epist. I, 7, 2-4

Criminali e prigionieri di guerra sono costretti a combattere nei periodi di tempo  meno affollati. Negli spettacoli diurni,  alle prime ore del mattino, i condannati venivano gettati nell’arena, legati contro animali feroci. Durante l’ora del pranzo, invece, i condannati dovevano lottare  a coppie per eliminarsi uno ad uno. Nessuno doveva sopravvivere. Spettacoli assai cruenti.

Non c’è niente di più dannoso alla morale che l’assistere oziosi a qualche spettacolo: i vizi si insinuano più facilmente attraverso i piaceri.

Capisci che voglio dire? Ritorno più avaro, più ambizioso, più dissoluto,addirittura  più crudele e disumano, poiché sono stato tra gli uomini. Verso mezzogiorno sono capitato per caso a uno spettacolo: mi aspettavo  qualche scenetta comica, qualche battuta spiritosa, un momento di relax che desse pace agli occhi dopo aver visto tanto sangue. Invece tutto è stato al contrario: di fronte agli attuali  combattimenti i precedenti erano atti di pietà; non  più scherzi, ma veri omicidi. I gladiatori  non hanno nulla con cui proteggersi; tutto il corpo è esposto ai colpi che non vanno mai a vuoto. La gente  preferisce tali spettacoli rispetto alle coppie normali di gladiatori. E perché no? Non hanno né elmo né scudo per difendersi  dalla  lama. A che servono gli  schermi protettivi? i  virtuosismi che  ritardano  la morte?  Al mattino gli uomini sono gettati in pasto ai leoni e agli orsi, al pomeriggio in bocca agli spettatori.

 

Le terme    Epist.VI,56,1-2

Andare alle terme era un piacere e un’attività a cui non si può rinunciare. I ricchi avevano impianti  privati, gli altri utilizzavano le strutture  gestite da privati o dallo stato. I vasti  complessi comprendevano impianti termali, piscine, palestre, zone  attrezzate per giochi e attività atletiche, luoghi di ristoro, punti di ritrovo, giardini.

A Roma nel IV sec d.C. ne esistevano un migliaio.

Avevano importanza igienica: supplivano ai difetti  delle case private, prive di acqua corrente.

Avevano anche funzione sociale perché  erano luoghi di svago e di incontri sereni.

L’atmosfera era vivace ma  creava problemi  a chi abitava sopra di esse.

Da ogni parte, infatti, mi rintronano  rumori d’ogni genere: la mia casa è proprio sopra i bagni pubblici.

Ora immagina tutte le specie di suoni, che possono farci detestare le orecchie: quando i più robusti si esercitano ed agitano le mani cariche di palle  di piombo oppure fanno sforzi  o fingono di farne, odo i loro sospiri,ogni volta che emettono il fiato trattenuto, e i sibili e la respirazione molto sgradevole; quando capita un qualche fiaccone che si accontenta  di essere unto nella maniera più comune, odo il rumore della mano che batte sulle spalle, il suono appare diverso se la mano è aperta o chiusa. Se poi sopraggiunge il giocatore di palla e comincia a contare i punti, non se ne può più. Ora aggiungi un attaccabrighe e un ladro sorpreso in flagrante e quel tale che si compiace di ascoltare la sua voce nel bagno: e quelli che saltano nella vasca facendo  grande  rumore dall’acqua sbattuta.

Oltre a costoro, le cui voci almeno sono monocordi,pensa al depilatore che emette continuamente una voce esile ed acuta, perché più facilmente venga udita, e si zittisce mentre strappa i peli delle ascelle e costringe un altro a strillare al suo posto: pensa alle diverse grida dei venditori di bibite, al salsicciaio e al pasticciere e a tutti gli imbonitori delle taverne che propongono  la loro merce con una particolare intonazione di voce.

 

 

Non fare agli altri   Epist ad Luc. 47, 1- 9

Con piacere ho saputo da coloro che mi mandi  che tu tratti i tuoi schiavi come persone di famiglia. Questo si addice alla tua sensibilità e alla tua istruzione.

Sono servi, è vero, ma in realtà sono uomini. Sono servi ma sono anche compagni di alloggio. Sono schiavi, è vero, ma sono anche umili amici. Sono schiavi ma anche  compagni di schiavitù, se considererai  che la fortuna ha lo stesso potere su entrambi. Pertanto rido di colòoro  che ritengono vergognoso  cenare con il proprio servo: e per quale ragione se non per il fatto che una brutta abitudine  circonda il padrone che cena con una folla di schiavi che  stanno in piedi? Quello mangia più di quanto il suo stomaco può contenere e con enorme avidità appesantisce il suo stomaco dilatato e ormai disabituato  alle proprie funzioni, per poi vomitare tutto con una fatica maggiore di quella con cui si è riempito. Invece a quei poveri  schiavi non è permesso  muovere le labbra nemmeno  per parlare: ogni mormorio è messo a tacere  col bastone e nemmeno i rumori involontari ,  tosse, starnuti, singhiozzi,  sono esenti dalle frustate: il silenzio interrotto anche solo da un sussurro si è paga caro prezzo; per tutta la notte  stanno in piedi, digiuni e muti….Tralascio per ora altre crudeltà, altri comportamenti disumani, il fatto che ne abusiamo  come di animali da soma. Quando stiamo sdraiati a cena, uno deterge gli sputi, un altro, posto sotto il triclinio, raccoglie gli avanzi degli ubriachi. Un altro ancora taglia gli uccelli pregiati: muovendo con tratti precisi la mano esperta attraverso il petto e le cosce, stacca le parti, questo schiavo  che vive  solo in funzione  di tagliare in modo appropriato il pollame…

Un altro che fa da coppiere abbigliato  in foggia femminile, lotta con l’età: non può lasciare l’adolescenza, vi è ricondotto e, pur già con aspetto di soldato,  con i peli rasi o strappati in profondità, veglia per tutta la notte che divide tra l’ubriachezza  e le voglie del padrone, uomo in camera da letto, servo durante il convito.

Un altro, a cui è affidata la censura dei commensali, poveretto, se ne sta in piedi, e osserva attentamente quelli che la capacità di adulare e l’intemparanza nella gola e nella lingua debba far invitare per l’indomani.

Aggiungi poi quelli incaricati delle provviste, che hanno una conoscenza sottile dei gusti del padrone, che sanno di quale cosa lo stuzzichi il sapore, di quale gli piaccia l’aspetto, quale con la sua novità possa stuzzicarlo anche se ormai ha la  nausea, che cosa gli ripugni per il fatto stesso di essere sazio, di che cosa abbia fame in quel giorno.

Con questi schiavi non si degna di cenare e giudica una diminuzione della sua dignità accostarsi alla stessa  tavola con il suo schiavo. Gli dei ci diano qualcosa di meglio!