Testi del’ 200

Pier delle Vigne

Nativo di Capua, per molti anni fu consigliere del re Federico II.

Nel 1247, caduto in disgrazia, fu rinchiuso nella torre di S. Miniato a Pisa, dove si suicidò. Scrisse molte Rime e un Ritmo contro gli Ordini mendicanti, che sostenevano Gregorio IX contro l’imperatore.

 Però ch’amor no si po’ vedere

Però ch’amor no si po’ vedere

e no si tratta corporalemente1

manti2 ne son di sì folle sapere

che credono ch’amor sia niente.

Ma po’ ch’amore si face sentire

dentro dal cor signoreggiar la gente3,

molto maggiore presio4 deve avere

che se ‘l vedessen5 visibilmente.

Per la vertute de la calamita

como lo ferro atira no si vede6,

ma sì7, lo tira signorevolmente;

e questa cosa a credere mi ‘nvita

ch’amore sia8, e dàmi grande fede

che9 tuttor sia creduto fra la gente.

Sonetto: ACBD; ACBD; E FD; EFD

1. Però ch’amor… corporalemente: Dato che l’amare non si può vedere e non si può toccare in modo tangibile.

2. manti: molti.

3 si face…gente: si fa sentire impadronendosi del cuore.

4. presio:pregio.

5. se ‘l vedessen: se lo vedessero.

6. Per la vertute…vede: come non si riesce a vedere come il ferro venga attirato dal potere attrattivo della calamita.

7. ma sì: eppure lo attira in modo irresistibile.

8. e…sia: e ciò mi induce a ritenere che l’amore sia una sostanza.

9. che…: il fatto che ancora la gente lo consideri tale.

Iacopo da Lentini

Fu notaio e funzionario presso la corte dell’imperatore Federico II. Sottile sperimentatore, è stato considerato il caposcuola della scuola poetica siciliana. Ci sono pervenute circa 40 liriche, in cui con misura ed eleganza parla della gioia, del dolore e del turbamento d’amore. A lui è attribuita la nascita del sonetto, che oggi si ritiene essere come una stanza di canzone.

Amor è uno desio che ven da core

 Amor è uno desio che ven da core

per abondanza1 di gran piacimento;

e li occhi2 in prima generan l’amore

e lo core 3 li dà nutricamento.

Ben4 è alcuna fiata om amatore

senza vedere so ‘namoramento5,

ma quell’amor che stringe con furore

da la vista de li occhi ha nascimento:

chè li occhi rapresentan a lo core

d’onni6 cosa che veden bono e rio,

com’è formata naturalemente7;

e lo cor, che di zo8 è concepitore,

imagina, e li piace quel desio:

e questo amore regna fra la gente.

  1. Per abondanza: per la grande quantità di piacere.
  2. li occhi: la visione dell’amata.
  3. lo core: il sentimento scaturito dal cuore.
  4. Ben…: accade che qualche volta…
  5. so ‘namoramento: il suo amore
  6. d’onni cosa: di ogni cosa
  7. naturalemente: in modo naturale
  8. zo: ciò

Meravigliosamente

Meravigliosamente

un amor mi distringe

e mi tene ad ogn’ora1.

Com’om che pone mente

in altro exemplo pinge

la simile pintura2,

così, bella, facc’eo,

che ‘nfra lo core meo

porto la tua figura.

In cor par ch’eo vi porti,

pinta como parete,

e non pare di fore.

O Deo, co’ mi par forte3.

Non so se lo4 sapete,

 con’5 v’amo di bon core:

Ch’eo son sì vergognoso

Ca pur6 vi guardo ascoso

E non vi mostro amore.

Avendo gran disio,

dipinsi una pintura,

bella, voi somigliante,

e quando voi non vio7,

guardo ‘n quella figura,

e par ch’eo v’aggia avante:

come quello che crede

salvarsi per sua fede,

ancor non veggia inante8.

Al cor m’arde una doglia,

com’om che ten lo foco

a lo suo seno ascoso,

e quando più lo ‘nvoglia9,

allora arde più loco10

e non po’ stare incluso:

similemente eo ardo

quando pass’ e   non guardo

a voi11, vis’ amoroso.

S’eo guardo, quando passo,

inver’ voi no mi giro,

bella, per risguardare12.

Andando, ad ogni passo

Getto uno gran sospiro

Che facemi ancosciare13;

e certo bene ancoscio,

c’a 14pena mi conoscio,

tanto bella mi pare15.

Assai v’aggio laudato,

madonna, in tutte parti16

di bellezze ch’avete.

Non so se v’è contato

Ch’eo lo faccia per arti,

che voi pur v’ascondete17.

Sacciatelo per singa,

zo ch’eo no dico a linga18,

quando voi nu vedrite19.

Canzonetta novella,

va’ canta20 nova cosa;

lèvati da maitino21

davanti a la più bella,

fiore d’ogni amorosa,

bionda più c’auro fino:

“Lo vostro amor, ch’è caro,

donatelo al Notaro

Ch’è nato da Lentino”

La canzonetta è composta da stanze di settenari; la fronte è costituita da 6 versi e da una sirima di 3 versi

1.un amor…ogn’ora: una passione amorosa mi tiene avvinto e mi possiede in continuazione.

2.Com’om…pintura: Come un uomo   che pensa costantemente ad un modello lontano e dipinge un ritratto simile a quello che ha in mente.

3. co’ mi par forte: come mi sembra strano.

4. lo: ciò

5. con’: come.

6.ca pur: che soltanto.

7. vio: vedo

8.come… inante: come colui che crede di potersi salvare per mezzo della fede, anche se non veda nulla di tangibile davanti che provi tale convinzione.

9. lo’nvoglia:lo avvolge.

10. arde più loco: allora brucia maggiormente in quel luogo.

11.similemente…voi: alla stessa maniera io brucio d’amore soprattutto quando passo davanti a voi senza avere il coraggio di guardarvi.

12. per risguardare: per guardare una seconda volta verso di voi.

13.ancosciare: angosciare.

14.c’a: che a stento mi riconosco.

15.mi pare: tu mi appari.

16.in tutte parti: in tutti i miei componimenti.

17.Non so…v’ascondete: Sono preoccupato perché qualcuno potrebbe aver insinuato che io lo faccio per arte, dato che voi continuate ad evitarmi, nascondendovi.

18. Sacciatelo…linga: Tramite i gesti sappiate ciò che non dico con la lingua.

19.vedrite: vedrete.

20.va’ canta: vai e diffondi.

21. da maitino: di mattino presto.

Cielo d’Alcamo

Fu autore di un Contrasto, databile agli anni 30 o 40, in cui mescola registri sia aulici che plebei, creando effetti parodistici intorno ad una vicenda di corteggiamento tra un giullare e una fanciulla. I toni, su un fondo linguistico siciliano, qualche elemento di derivazione campana ed elementi lessicali di tipo basso, sono realistici ma scherzosi. Creano una originalissima parodia dell’amore cortese e del suo linguaggio. La donna alla fine si arrende dopo una probabile richiesta di matrimonio

Rosa fresca aulentissima

 “Rosa fresca aulentissima1 ch’apari inver’ la state,

le donne ti disiano, pulzell’e maritate2:

tràgemi 3 d’este focora, se t’este a bolontate;

per te non ajo abento4 notte e dia,

penzando pur di voi5, madonna mia.”

“ Se di meve trabàgliti6, follia lo ti fa fare.

Lo mar potresti arompere7, a venti asemenare,

l’abere d’asto secolo tutto quanto asembrare8:

avere me non pòteri9 a esto monno;

avanti10 li cavelli m’aritonno”.

“ Se li cavelli artònniti,avanti foss’io morto,

ca’n issi sì mi pèrdera lo solaccio e ‘l diporto11.

Quando ci passo e vèjoti, rosa fresca de l’orto,

bono conforto dònimi tuttore12:

poniamo che s’ajunga il nostro amore13.

“ Ke ‘l nostro amore ajungasi, non boglio m’atalenti14:

se ci ti trova pàremo 15cogli altri miei parenti,

guarda non t’arigolgano questi forti correnti16.

Como ti seppe bona la venuta,

consiglio che ti guardi a la partuta17”.

“Se i tuoi parenti trovanmi, e che mi pozzon fare?

Una difesa mèttoci di dumili’ agostari:

non mi toccara pàdreto per quanto avere ha ‘n Bari.

Viva lo ‘mperadore,grazi’ a Deo18!

Intendi, bella, quel che ti dico eo?”

“Tu me no lasci vivere né sera né maitino.

Donna mi s’ di pèrperi, d’auro massamotino19.

Se tanto aver donàssemi quanto ha lo Saladino,

e per ajunta quant’ha lo soldano20,

toccare me non pòteri a la mano.”

Molte sono le femine c’hanno dura la testa,

e l’omo con parabole l’adìmina e amonesta21:

tanto intorno procàzzala fin che ‘ll ha in sua podesta.

Femina d’omo non si può tenere:

guàrdati, bella, pur de ripentere22”.

“K’eo ne pur ripentesseme’ davanti foss’io aucisa

Ca nulla bona femina per me fosse ripresa!

Aersera passàstici, correnno a la distesa.

Aquìstati riposa, canzoneri:

le tue parole a me non piaccion gueri23”.

“Quante sono le schiantora24 che m’ha’ mise a lo core,

e solo purpenzànnome la dia quanno vo fore25!

Femina d’esto secolo tanto non amai ancore

quant’amo teve, rosa invidiata:

ben credo che mi fosti distinata”.

“Se distinata fòsseti, caderia de l’altezze,

chè male messe fòrano26 in teve mie bellezze.

Se tutto adivenìssemi, tagliàrami le trezze27,

e consore m’arenno a una magione,

avanti che m’artocchi ‘n la persone28”.

“Se tu consore arènneti, donna col viso cleri29,

a lo mostero vènoci e rènnomi confleri30:

per tanta prova vencerti fàralo volonteri.

Conteco stao31 la sera e lo maitino:

besogn’è ch’io ti tenga al meo dimino”.

“Boimè 32 tapina misera, com’ao reo distinato!

Geso Cristo l’altissimo del tutto m’è airato33:

concepìstimi a abàttare in omo blestiemato.

Cerca 34 la terra ch’este granne assai,

chiù 35 bella donna di me troverai”.

“Cercat’ajo Calabria, Toscana e Lombardia,

Puglia, Costantinopoli, Genoa, Pisa e Soria,

Lamagna e Babilonia e tutta Barberia36:

donna non ci trovai tanto cortese,

per che37 sovrana di meve te prese”

“Poi tanto trabagliàsti faccioti meo pregheri

che tu vada adomànnimi38 a mia  mare e a mon peri.

Se dare mi ti degnano, menami a lo mosteri39,

e sposami davanti a jente;

e poi farò le tuo comannamente40”.

1. Rosa fresca aulentissima: fresca rosa profumatissima che sbocci durante il periodo estivo.

2.  pulzell’e maritate:vergini e sposate.

3. tràgemi: traimi fuori da queste fiamme d’amore, se è in tuo potere.

4. per te non ajo abento: per causa tuo non ho riposo, né giorno né notte.

5. penzando pur di voi: poiché penso solo a voi.

6. Se di meve trabàgliti: se soffri per causa mia.

7. Lo mar potresti arompere:potresti arare il mare e seminare ai venti.

8. l’abere… asembrare: radunare tutti i possedimenti di tutto il mondo.

9. avere me non pòteri: e non potresti avermi.

10.avanti: piuttosto sono pronta a tagliare i capelli e a farmi monaca.

11. Se…‘l diporto: Se ti fai monaca,possa invece morire io, perché con la caduta dei capelli perderei la gioia e la consolazione.

12.Quando ci passo… tuttore: Quando passo davanti a voi e vi vedo, mi conforti ad ogni ora del giorno.

13. poniamo… amore: pensiamo che il nostro amore giunga a buon fine.

14. non boglio m’atalenti: non voglio che mi faccia piacere.

15.se ci ti trova pàremo: se ci trova mio padre.

16.guarda…correnti: stai attento che non ti raggiungano i miei che corrono velocemente.

17.Como… partuta: Allo stesso modo in cui fu piacevole il giungere qui, consiglio che tu stia attento nell’allontanarti.

18.Una difesa… Deo: ci metto una difesa di 2000 agostari, così tuo padre non potrà toccarmi per quante ricchezze ci sono a Bari. Viva l’imperatore che ha emanato tale legge e grazie a Dio. Augustari: moneta fatta coniare da Federico II di Svevia che nel 1231 in una delle leggi contenute nelle Costituzioni melfitane aveva stabilito che se una persona fosse stata aggredita poteva difendersi invocando il nome dell’imperatore. Poteva altresì indicare la somma che l’aggressore avrebbe dovuto pagare come risarcimento per la violenza subita.

19. Donna…: sono una donna di grandi ricchezze. Pèrperi: moneta d’oro degli imperatori di Bisanzio; auro massamotino: oro coniato dai califfi Almoadi, denominati Massamuti.

20. Saladino… soldano:non si tratta di due persone distinte. La donna ingenuamente le sdoppia. In realtà si tratta del sultano d’Egitto che morì nel 1193.

21.e l’omo: l’uomo con le sue parole le abbindola e le ammansisce, tanto le incalza finchè non le ha in suo potere.

22.guàrdati… ripentere: stai attenta a non pentirti.

23.K’eo… gueri: pentirmi io? Possa essere uccisa prima che qualche donna onesta sia rimproverata per causa mia. Ieri sera sei passato di qui, correndo di buona lena. Fermati, riposati o cantore. Le tue parole non mi piacciono per nulla.

24. schiantora: le paure.

25. e solo… fore: e solo a pensarci continuamente quando vado fuori di giorno.

26. fòrano: sarebbero.

27. adivenìssemi: mi accadesse.

28. tagliàrami… persone: mi taglierei le trecce e mi farei suora, prima che tu metti le mani sulla mia persona.

29. Se… cleri: se ti arrendi, donna dal viso chiaro.

30. a lo mostero… confleri: vengo al monastero e mi faccio confratello.

31.Conteco stao:con te starò

32.Boimè: ohimè.

33. m’è airato:si è adirato con me.

34. Cerca: percorri

35.chiù: più

36 Lamagna… Barberia: la Germania, Bagdad e l’Africa settentrionale.

37.per che: perciò

38. vadi adomànnimi: vai a chiedermi in sposa.

39. mosteri: in chiesa.

40. farò le tuo comannamente: ti obbedirò sempre.

S. Francesco d’Assisi

Nato ad Assisi nel 1182 dal ricco mercante Pietro Bernardone e da Pia, di origine franca, da giovane ricevette una buona educazione letteraria. Visse tra gli agi e i divertimenti e pensò di abbracciare la carriera delle armi. Fu preso prigioniero durante la guerra contro Perugia nel 1204 e cadde in una grave malattia. Durante tale periodo meditò di seguire i dettami di Cristo, amore, povertà, umiltà. Nel 1206 davanti al padre e al vescovo di Assisi, rinunciò alle ricchezze, indossò il saio e visse in povertà predicando il Vangelo. Nel 1210 ottenne dal papa Innocenzo III l’approvazione orale della sua Regola. Nella chiesa della Porziuncola fece indossare il velo monacale a Santa Chiara che in seguito fonderà l’ordine delle Clarisse. Dopo un viaggio in Egitto, ritornato in Italia, vide approvata la sua Regola da papa Onorio III nel 1223.Nel 1224 ricevette le stimmate e nell’orticello di San Damiano compose Il Cantico delle creature. Morì il 4 ottobre 1226 disteso sulla nuda terra.

Laudes creaturarum

Il cantico è stato composto nel 1224 a S.Damiano, dopo una notte insonne tormentata da forti dolori

agli occhi e dalla presenza di topi.

La prosa, in volgare umbro, presenta assonanze, di tipo salmistico.

Altissimu, onnipotente, bon Signore,

tue so’1 le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.

Ad te solo, Altissimo, se konfano2,

et nullu homo ène dignu te mentovare3.

Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,

specialmente messor lo frate sole,

lo qual è iorno, et allumini noi per lui4,

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:

de te, Altissimo, porta significatione5.

Laudato si’,  mi’ Signore, per sora luna e le stelle:

in celu l’ai formate clarite6 et pretiose et belle.

Laudato si’,  mi’ Signore, per frate vento

et per aeree et nubilo et sereno et onne tempo7,

per lo quale8 a le tue creature dài sustentamento.

Laudato si’, mi’ Signore, per9 sor’aqua,

la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si’,  mi’ Signore, per frate focu,

per lo quale ennallumini 10la nocte:

ed ello è bello et iocundo 11et robustoso et forte.

Laudato si’,  mi’ Signore, per sora nostra matre terra,

la quale ne sustenta et governa12,

et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

 Laudato si’,  mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore

Et sostengo infirmitate et tribulatione13.

Beati quelli ke ‘l sosterranno in pace,

ka14 da te, Altissimo, sirano incoronati.

 Laudato si’,  mi’ Signore, per sora nostra morte corporale,

da la quale nullo vivente po’ skappare:

guai a’cquelli ke morrano ne le peccata mortali;

beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati15,

ka la morte secunda 16no ‘l farrà male.

Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate

E serviateli cum grande humilitate17.

1.tue so: a te si devono.

2. se konfano: ti si addicono

3. mentovare: nominarti.

4. et … lui: e ci illumini per mezzo suo.

5.de te… significatione: reca l’attestazione sensibile della tua grandezza.

6. clarite : splendenti.

7. onne tempo: ogni periodo dell’anno.

8. per lo quale: per mezzo del quale.

9.per: a causa di oppure da parte di.

10. ennallumini: illumini.

11. iocundo: piacevole.

12. governa:nutre.

13. tribulatione : sofferenze.

14. ka: che.

15. voluntati:in base ai tuoi desideri.

16.la morte secunda: la morte dell’anima a causa del peccato.

Iacopone da Todi

Nacque a Todi nel 1236 da nobile famiglia. Studiò diritto e visse in modo spensierato. Sposò Vanna dei Conti di Coldimezzo che morì due anni dopo durante una festa a causa del crollo del pavimento. Dopo aver scoperto che la donna indossava il cilicio, si dette alla vita religiosa. Entrato nell’ordine dei frati minori francescani, si schierò dalla parte degli spirituali che contro i conventuali – che cercavano di mitigare il rigore della regola di S. Francesco -, erano difensori della più stretta osservanza delle norme religiose. Nel 1297 si schierò contro Bonifacio VIII che appoggiava i conventuali e perciò venne scomunicato e imprigionato. Dopo 6 anni, liberato e assolto dalla scomunica dal papa Benedetto XI, si ritirò nel convento di Collazzone, presso Assisi, dove morì il 25 dicembre 1306.

Scrisse un centinaio di Laudi, modellate sul genere della ballata. Sono di tipo ascetico, francescano, mistico, satirico. A lui è attribuito lo Stabat Mater, in latino sulla passione di Cristo. Nelle sue Laudi riscontriamo echi della poesia siciliana e stilnovista, il moralismo di Guittone d’Arezzo ma anche versi polemici e satirici.

Ha una visione cupa del mondo e disprezza sia i beni materiali che la stoltezza dei dotti. Anche pessimistica è la visione del cielo verso cui l’uomo tende con gioia ma anche con sofferenza e dolore.

Que farai, Pier dal Morrone?

La lauda è rivolta a Pietro Angeleri di Isernia, abitante da eremita sul monte Sulmona. Fu eletto papa il 5 luglio 1294 col nome di Celestino V. Dopo pochi mesi, il 13 dicembre 1294,  fece “ il gran rifiuto, lasciando libero il campo a Bonifacio VIII, nemico di Iacopone.

Que farai, Pier dal Morrone?

‘Ei 1venuto al paragone.

Vederimo el lavorato2,

chè en cella hai contemplato.

S’è 3‘l monno de te engannato,

sèquita maledezzone4.

La tua fama alta è salita,

en molte parte n’è gita:

se te sozzi5 a la finita,

ai bon 6sirai confusione.

Como segno a saietta7,

tutto lo monno a te affitta8;

se non ten’9 belancia ritta,

a Deo ne va appellazione10.

Si se’ auro, ferro o rame,

provàrite 11en esto esame;

quign’ 12hai filo,lana o stame,

mustràrite en esta azzone13.

Questa corte14 è una fucina

Che ‘l bon auro se ce affina15;

s’ello tene altra ramina16,

torna ‘n cennere e ‘n carbone.

Se l’ofizio 17te deletta,

nulla malsania18 è più enfetta,

e ben è vita maledetta

perder Dio per tal boccone.

Granne ho avuto en te cordoglio

Como t’escìo de bocca:” Voglio”,

chè t’hai posto iogo en coglio

che t’è tua dannazione19.

Quanno l’omo vertuoso

È posto en loco tempestoso,

sempre ‘l trovi vigoroso

a portar ritto el gonfalone.

Grann’ è la tua degnetate,

non è men20 la tempestate,

grann’ è la varietate21

che trovari en tua mascione22.

1.’Ei: sei giunto al momento fatidico della prova.

2. el lavorato: la tua opera che hai prodotto durante  la tua vita contemplativa.

3. S’è…: se il mondo cristiano si è ingannato sulla tua persona.

4. sèquita maledezzone: ne consegue una maledizione.

5. se te sozzi: se alla fine ti sporchi.

6. ai bon…: procurerai confusione negli animi delle persone buone.

7. Como segno…: come un bersaglio è preso di mira dalla freccia.

8. tutto lo monno…: tutto il mondo cristiano volge lo sguardo verso di te.

9. se non ten’…: se non tieni un comportamento corretto.

10.a Deo…: e si rivolge a Dio.

11.provàrite…: provaci di che tempra sei fatto.

12. quign’…: di quale filo sei intessuto.

13.mustràrite…: mostralo col tuo comportamento.

14.Questa corte…: La corte papale.

15. Che ‘l bon auro…: dove l’oro puro si raffina.

16.s’ello tene…: se contiene una percentuale maggiore di rame.

17. Se l’ofizio…: se l’incarico ti fa piacere.

18. nulla malsania…: nessuna lebbra.

19.chè… dannazione: perché ti sei posto intorno al collo un giogo pesante che è la tua dannazione.

20. non è men…: non è minore la responsabilità.

21.grann’ è la varietate: grande è il disordine.

22. che… mascione: che troverai nella tua dimora.

Guittone d’Arezzo

Riconosciuto capo della scuola poetica toscana, nasce ad Arezzo verso il 1235 da Viva di Michele, tesoriere del comune. Parteggiò per i guelfi e andò in esilio volontario. Intorno al 1266, in seguito ad una crisi spirituale, abbandonò la famiglia ed entrò a far parte dei frati gaudenti, ordine dei Cavalieri di Santa Maria che avevano un modo mondano di intendere la vita. Egli però si sentì attratto soprattutto da alcuni aspetti morali dell’ordine come l’assistenza sociale e la volontà di pacificazione politica. Morì nel 1294. Scrisse un canzoniere con 50 canzoni e 150 sonetti, divisibili in due parti corrispondenti alle due fasi della sua vita (la prima tratta dell’amore sugli schemi e le tematiche siciliane e provenzali, mentre la seconda parte è di impronta politica, morale e religiosa). Le rime appaiono difficili e artificiose, il periodare è complesso e talvolta oscuro. Le Lettere, prima manifestazione di una prosa d’arte in volgare, hanno scopi di edificazione morale e civile.

O non Fiorentini

XIV

Guittone scrisse 28 lettere, documento importante per la formazione del volgare italiano. La prosa è solenne e grave. L’uso della retorica ha come scopo l’edificazione dello spirito. Il brano commenta in prosa la sconfitta a Montaperti (1260) dei Guelfi. Tale tematica di rampogna e di irrisione verso i Fiorentini, sul cui nome spesso Iacopone ironizza, si ritrova nell’omonima canzone.

O non Fiorentini, ma desfiorati e desfogliati e franti1, sia voi quasi sepulcro la terra vostra, non mai partendo d’essa, mostrando a le gent’e vostro obbrobbio spargendo2! Chè no è meretrice aldace3 più che le catuno 4 che n’esce e mostrase, poi5 la sua faccia di tanta onta è lorda. O desfiorati, a che siete venuti, e chi v’ha fatto ciò che voi estessi? E sembravi forse scusa che no6 altri havel fatto? Ma mal ragione7 pensate, che dobbra certo l’onta e ‘l fallo, credo. Chè primamente a Dio ucidere se stesso l’omo è peccato che passa onni altro quasi8; e desnore9 qual è maggio a esto mondo che arrabire 10 omo in se stesso, mordendo e devorando sé e i soi di propia volontà? O desfiorati e forsennati e rabbiosi venuti come cani, mordendo l’uno e devorando l’autro, acciò ch’l poi lui morda e devori! Chè non se stesso strugge e aucide omo, ma strugge e aucide altro, acciò ch’el poi strugga e aucida esso.

  1. O non Fiorentini… franti: Fiorentini, che come il fiore da cui deriva il vostro nome, ormai siete sfioriti e,privi di foglie, ed abbattuti.
  2.  Mostrando… spargendo: mostrando e spargendo tra la gente il vostro disonore.
  3.  Aldace: audace.
  4.  Catuno:ciascuno
  5.  Poi: poiché
  6.  che no: che non ve lo hanno fatto gli altri?
  7.  Ma mal ragione: ma pensate erroneamente che raddoppia il disonore.
  8.  Ucidere… quasi: è peccato uccidere un proprio simile, peccato peggiore di qualsiasi altro.
  9.  e desnore: e qual è disonore maggiore.
  10. Arrabire… stesso: che un uomo incrudelisca in modo rabbioso contro se stesso.