Tito Maccio Plauto 2

E’ il principale rappresentante della commedia latina.

Nulla sappiamo della sua vita, tutto è affidato ad aneddoti leggendari.

 I tria nomina (praenomen, nomen gentilizio, cognomen come era uso dei cittadini romani) che gli vengono attribuiti sono dubbi: sia Maccius (da Maccus, maschera dell’atellana, antica forma popolare di teatro) sia Plautus (dai piedi piatti) potrebbero essere soprannomi derivati dall’attività teatrale.

Nacque a Sarsina in Umbria, nel 254 a.c. da modesta famiglia.

Visse a Roma, dapprima presso compagnie drammatiche; successivamente, secondo Gellio, si dette al commercio ma a causa di numerosi debiti, fu costretto a girare la macina di un mulino.

Tornato in libertà, si diede al teatro con successo. Morì nel 184 a.c.

Sotto il nome di Plauto nel II sec.a.c. cominciarono a circolare moltissime commedie, circa 130.

Allora Marco Terenzio Varrone Reatino, occupandosi del problema dell’autenticità, le divise in tre classi:

– 21, sicuramente autentiche, denominate varroniane;

– 9 incerte, dette subvarroniane;

– spurie le rimanenti.

Abbiamo integre le 21 varroniane ad eccezione della Vidularia (commedia del bauletto), giuntaci in frammenti.

Le trame sono quelle tipiche della commedia nuova greca (nèa): intrecci complicati, ripetitivi, situazioni e personaggi convenzionali.

Plauto ambientò le sue commedie in Grecia, ma adattò lo sviluppo della trama agli umori e alla sensibilità del popolo romano, che gli richiedeva una vis comica basata soprattutto su motteggi e battute salaci.

Plauto, pur mantenendosi fedele agli originali greci, soprattutto nell’ambientazione (Atene o città del mondo ellenistico, il che gli permetteva di poter attribuire ai greci comportamenti talvolta discutibili o moralmente sconvenienti) apportò delle modifiche per raggiungere con maggiore efficacia lo scopo di divertire i Romani.

Egli perciò fece uso della contaminatio, inserendo in una commedia di un originale autore greco, una scena o personaggio proveniente da un’altra commedia greca.

Dette inoltre ampio spazio alla musica e al canto ma dimostrò inoltre scarso interesse per la coerenza e/o la verosimiglianza, per andare incontro ai gusti del suo vasto pubblico non molto colto e raffinato.

Plauto scriveva, infatti, per il popolo e per tale motivo tendeva a romanizzare il modello greco (Menandro (solo in parte), Difilo, Filemone, Demofilo).

 Fece, così, spesso riferimento a usi e costumi romani, citando norme o abitudini, il Campidoglio, o battute di spirito basate su giochi di parole tipicamente romani.

I personaggi sono tipi caricaturali: mogli bisbetiche, parassiti affamati, cuochi prepotenti, giovani innamorati svenevoli.

In ben 16 commedie troviamo:

– l’innamorato che spesso è ostacolato dalla mancanza di denaro o da impedimenti di carattere familiare e sociale.

– la fanciulla può essere una trovatella, una povera ragazza preda di un lenone, una giovane rapita, ecc.

– gli aiutanti che possono essere: un giovane amico, un senex comprensivo, un parassita, un servus intelligente e scaltro, spesso il personaggio chiave in quanto motore dell’intreccio.

– gli antagonisti: il padre severo e/ o avaro, un lenone, cinico e arrogante, un sodato mercenario.

Scontato il lieto fine.

Amphitruo (Anfitrione):presenta gravi lacune; è una commedia mitologica, definita rhintonica (detta anche tragicomoedia o bilarotragoedia dal poeta greco Rintone, cioè parodia di un’azione tragica).

Tratta di uno scambio: Giove, innamorato di Alcmena, prende le sembianze del marito Anfitrione, condottiero tebano. Dall’unione nascerà Ercole.  Mercurio, a sua volta prende le sembianze di Sosia, il servo di anfitrione. La comicità scaturisce dagli equivoci nati dagli scambi di persona.

(fu imitata da Moliere nel suo Anfitrione)

Asinaria (commedia degli asini): un giovane si innamora di una cortigiana. Per averla, si procura il denaro grazie alla vendita di alcuni asini da parte di 2 servi. Il padre che vorrebbe anche lui la ragazza, viene scoperto e malmenato dalla moglie, ricca e autoritaria.

Aulularia (la commedia della pentola):presenta gravi lacune. Euclione, un vecchio assai avaro, nasconde, per evitare che gliela rubino, una pentola piena d’oro che ha trovato. Teme però che l’innamorato della figlia, col pretesto di chiedere in moglie la fanciulla, gliela voglia rubare. Il vecchio ha promesso in sposa la figlia ad un vicino di casa, Megadoro, un anziano benestante che è disposto a sposare la fanciulla anche senza dote. Nonostante le preoccupazioni dell’avaro, la pentola viene realmente rubata; la restituzione del tesoro consentirà al giovane di sposare l’amata. Il pubblico riconobbe nel vecchio la rappresentazione deformata comicamente degli atteggiamenti presenti in tutti gli uomini.

(Fu imitato da Moliere nel tracciare la figura di Arpagone nell’Avare)

Bacchides (le Bacchidi): sono 2 sorelle cortigiane che diventano amanti di 2 giovani amici grazie al denaro rubato al padre di uno dei 2 dal callidus servus, Crisalo. Nel finale i 2 padri che si sono lasciati sedurre dalle Bacchidi entrano nella loro casa e fanno baldoria insieme ai figli.

 Captivi (i prigionieri): priva di vicenda amorosa, è la più morale delle commedie, in quanto esalta sentimenti come l’amicizia, le lealtà, la generosità. Tratta del ritrovamento di un figlio rapito.

 (Fu imitata dall’Ariosto nei Suppositi)

Casina (la fanciulla del caso):presenta gravi lacune. Prende il nome dalla schiava (che però non compare mai sulla scena), di cui sono innamorati un vecchio e un figlio (anche lui assente dalla scena). Il vecchio, libidinosus, vorrebbe far sposare la giovane al suo fattore per poterne poi godere i favori. Ma la moglie, con l’aiuto di un’amica, fa travestire da sposa un giovane scudiero e il vecchio finisce beffato. Alla fine Casina, la ragazza, riconosciuta libera, sposa il figlio del vecchio. E’ la tipica commedia della beffa, presenta una comicità farsesca e licenziosa.

 (Fu imitata da Machiavelli nella Clizia)

Cistellaria (la commedia della cassetta):presenta gravi lacune. Una fanciulla allevata da una cortigiana rischia di fare la sua stessa fine.  Ma riconosciuta libera attraverso i ninnoli che aveva addosso al momento dell’abbandono e che erano custoditi in una cassetta, può sposare il suo innamorato.

Curculio (Gorgoglione o il parassita del grano): con l’aiuto di uno scaltro parassita, un giovane riesce a sottrarre la giovane di cui è innamorato dalle grinfie del lenone che l’ha promessa in sposa ad un soldato. Alla fine la ragazza è riconosciuta libera: è la sorella del soldato. Così i 2 innamorati possono sposarsi.

Epidicus (Epidico): L’astuto servo Epìdico riesce grazie a molti espedienti a farsi dare del denaro dal vecchio Perifane; in tal modo aiuta il figlio del vecchio che alla fine, dopo varie avventure, riesce a liberare una giovane dal lenone e a farla riconoscere come figlia di Perifane.

Maenechmi (i 2 gemelli) Menecmo va alla ricerca del fratello gemello perdutosi da bambino ma per varie complicazioni i 2 vengono continuamente scambiati: ciò dà luogo a ridicoli ed esilaranti equivoci. Il tema della somiglianza fu spesso ripreso nel teatro rinascimentale e moderno.

Mercator (il mercante): Un giovane compra una bella cortigiana, ma il padre di lui la vorrebbe per sé. Alla fine però viene svergognato e il figlio con l’aiuto di un amico rientra in possesso della fanciulla.

Miles Gloriosus (Il soldato fanfarone): Un giovane, innamorato di una ragazza, con l’aiuto del suo servus callidus riesce a sottrarla ad un soldato gradasso e millantatore, che alla fine è schernito, beffato e bastonato.

Mostellaria (la commedia del fantasma): Un giovane ha preso denaro ad usura per comprare la cortigiana Filemazio. Ma il ritorno improvviso del padre lo mette in difficoltà.  Per fortuna l’astutissimo servo Tranione riesce a non far entrare il vecchio in casa dicendogli che è infestata dai fantasmi. Poi si fa dare del denaro, affermando che serve per comprare un’altra casa. Alla fine si scopre la verità ma sia il giovane che il servo sono perdonati.

Persa (il persiano): Un giovane servo ama una cortigiana; con l’inganno e l’aiuto di un altro servo

(che travestito da persiano vende al lenone – dicendo che si tratta di una schiava – la figlia di un parassita, anche lui complice della truffa) sottrae la ragazza al lenone.

Poenulus (il piccolo cartaginese): un giovane ama una ragazza rapita da bambina insieme alla sorella e venduta ad un lenone. Il servo del giovane organizza una trappola giudiziaria contro il lenone che rimane gabbato quando le 2 ragazze sono riconosciute libere dal padre cartaginese che alla fine si dimostra essere lo zio del giovane innamorato.

Pseudolus (il bugiardo): un giovane ama una cortigiana che il lenone Ballione ha promesso ad un soldato in cambio di denaro; il servo Pseudolus, assai astuto, riesce a gabbare il lenone, il messo del soldato, il vecchio padrone, padre dell’innamorato. Alla fine Ballione ha il danno mentre Pseudolus, riconciliatosi col vecchio, fa baldoria col padroncino.

 Rudens (la gomena): Per mezzo di una fune si ricava da una nave naufragata un baule, in cui si trovano oggetti che permetteranno il riconoscimento di una fanciulla e le consentiranno di sposare il giovane innamorato.

Stichus (Stico, nome di uno schiavo): 2 sorelle hanno sposato 2 fratelli che sono lontani da 3 anni per affari. Il padre delle donne cerca di convincerle ad abbandonare i mariti ma per fortuna questi rientrano carichi de denari e tutti sono felici. Importante la figura comica del parassita.

Trinummus (le 3 monete): Durante l’assenza del padre, un giovane, Lesbònico, vende la casa che contiene un tesoro. Un amico, il vecchio Càllide, a conoscenza del segreto, compre la casa e la dà in dote alla figlia dell’amico assente. La commedia si conclude col ritorno del padre e il matrimonio tra Lesbònico e la figlia di Càllide,

Truculentus (lo scorbutico): Una scaltra cortigiana tiene avvinti a sé per sfruttarli 3 amanti, Ad uno di loro, un soldato fa credere di aver avuto un figlio da lui. Alla fine viene scoperta. Tutto viene a galla e uno degli altri due giovani sposerà la vera madre del bambino, una giovane libera che lui in precedenza aveva sedotto.

Vidularia (la commedia del baule): restano solo frammenti.

Plauto nelle sue commedie crea uno stile artefatto, pieno di figure retoriche e virtuosismi linguistici; infatti pur partendo dal sermo familiaris, lo arricchisce con ridondanze, locuzioni idiomatiche, neologismi coniati ad hoc.

La lingua è originale in quanto prende come base il parlato ma dà forma a una espressione varia, piena di sapore, nuova, fresca, di schietto sapore popolare infarcita, però, di parole greche o grecizzanti (Nel Poenulus   utilizza addirittura il punico).

Ci sono arcaismi e ricercatezze ma dal volgare ritrae locuzioni popolari, modi di dire, proverbi che aggiungono vivacità. Evita il soft, i chiaroscuri, le mezze figure.

Ci sono fantasmagorici giri di parole, doppi sensi, allitterazioni, molte figure retoriche.

Usa parole mezzo latine e mezzo greche che paiono ridicole: Pultifagus= mangia polenta

parole con + radici= turpilucri cupidus = desideroso di turpi guadagni

neologismi: dentifrangibula= che rompono i denti

Superlativi iperbolici e ridicoli= ipsissimus (spessissimo)

Con poche battute tratteggia il suo personaggio.

Anche il metro e la prosodia sono originali, dato che è insofferente agli schemi precostituiti.

Nei deverbia è più vicino alle regole tradizionali (scenari giambici, sette, ottonari giambici e trocaici.

Nei cantica è innovativo: sono vari ed imprevedibili.

Quintiliano nella sua Institutio oratoria (10, 1, 99) cita Elio Stilone (primo grande filologo latino, maestro di Varrone Reatino, II sec. A.c.) che afferma “Musas plautino sermones locuturas fuisse, si latine loqui vellent” = Se le Muse. avessero voluto esprimersi in latino, avrebbero parlato con la lingua di Plauto.