LO STATO ROMANO

Con la fine della monarchia e la nascita  della repubblica nel 509 a.C., per evitare dei colpi di mano di natura dittatoriale, i Romani crearono un sistema di cariche basato su principi che ne dovevano garantire il controllo sull’attività di chi governava.

Fu creata  sigla S.P.Q.R., abbreviazione  di Senatus Populusque Romanus, che era posta   su tutti i   documenti, sulle insegne militari, sui monumenti

Da allora ogni magistratura era ricoperta da almeno due persone che si controllavano a vicenda, durava solo un anno, era  scelta dalla collettività,  era gratuita e  prevedeva un rendiconto alla scadenza del mandato.

Il cursus honorum, cioè la successione delle cariche pubbliche, fu fissato nel 180 a.C. dalla lex Villia annalis:  stabiliva la sequenza obbligata, l’età minima per accedere alle diverse cariche, l’intervallo tra i vari mandati (un anno per le cariche senza imperium, 10 anni per quelle con imperium, compreso  il consolato).

Per accedere a qualsiasi carica bisognava essere cittadino romano.

Il Senato ( formato da 900 magistrati all’epoca di Cesare, e da 600 membri con Augusto) si riuniva su convocazione del presidente tramite un manifesto o, in casi  urgenti, per mezzo di  un messo.

I senatori, che indossavano una toga bianca ornata con una larga striscia rossa, si riunivano generalmente nella Curia Hostilia, nel Foro.

Le porte della Curia erano aperte: ciò permetteva al pubblico di seguire i dibattiti.

I senatori avevano libertà di parola e di voto.

Il voto si esprimeva collocandosi a destra o a sinistra del presidente.

La decisione votata, senatus consultum, poteva essere impugnata dai tribuni..

Il Senato aveva compiti di ordine amministrativo: si interessava di feste, culto, polizia, finanze, arruolamento, ripartizione delle cariche militari, ambascerie, amministrazione delle province; aveva anche il potere legislativo ( approvazione delle leggi)

In caso di emergenza il Senato poteva organizzare la mobilitazione generale, chiudere i tribunali, mettere fuori legge i cittadini, sospendere i magistrati, ecc.

 

Le principali magistrature nel I secolo erano:

consoli, consules, due ogni anno. Venivano eletti  nei comizi centuriati di luglio ed entravano in carica il 1 gennaio; l’anno prendeva il nome da loro.

Rappresentavano la massima magistratura dello stato.

Esecitavano il potere esecutivo, amministravano la giustizia, presiedevano  le riunioni del senato, proponevano decreti urgenti.

Esercitano anche funzioni sacerdotali e celebrano sacrifici a nome dello Stato.

Fino alle guerre puniche erano anche a capo dell’esercito.

Il loro potere, potestas, era limitato dalle leggi.

In tempo di guerra avevano  l’imperium, che dava loro un grandissimo potere : potevano  imporre le  loro decisioni agli alleati, concludere accordi (che il Senato doveva poi ratificare), eleggere i tribuni militari, arruolare  e punire i soldati.

Prima dello scadere del loro incarico,  si eleggevano i  consoli dell’anno successivo, consules designati.

Se uno dei consoli in carica moriva, era sostituito dal consul suffectus.

Gli ex-consoli, consulares, entravano nel Senato o potevano essere chiamati, in qualità di proconsoli, proconsules, a governare una provincia.

Dapprima  solo i patrizi potevano diventare consoli.

Ma con le leges Liciniae –Sextiae del 367 a.C., fu  previsto che uno dei due consoli potesse essere plebeo .

Consules designati : erano i consoli nominati per l’anno successivo  prima della fine del mandato dei consoli precedenti per evitare vuoti di potere.

Consul suffectus: così era denominato chi doveva  sostituire un  console defunto o rimosso.

I consoli e gli altri magistrati cum imperio (pretori, dittatore) nelle uscite ufficiali erano preceduti dai littori, lictores.

Posti  in doppia fila, essi portavano  una scure circondata da fasci di verghe; la scure simboleggiava il potere dei littori di imporre punizioni di qualsiasi tipo  ai cittadini colpevoli di qualche misfatto.

In  caso di gravi necessità belliche i consoli erano sostituiti da un dittatore, dictator.

Egli  subito nominava il capo della cavalleria magister equitum e prendeva tutte le decisioni senza consultare nessuno. Per tale motivo la sua carica si limitava a 6 mesi;  poteva poi  essere  riconfermato di semestre in semestre.

I pretori, praetores, otto ogni anno, esercitavano il potere giudiziario;

l’ex pretore, praetorius, dopo il mandato poteva diventare pro-pretore, propraetor, e governare una provincia.

Il praetor urbanus si occupava delle liti  tra Romani, il peregrinus tra gli extraurbani.

I censori, censores, all’inizio erano 2 patrizi; venivano eletti ogni 5 anni nei comizi centuriati; rimanevano in carica 18 mesi ciascuno; non erano sottoposti al veto  dei tribuni della plebe; registravano sulle tabulae censoriae i nomi dei cittadini con accanto il loro reddito.

Tenevano il bilancio dello stato e  davano in appalto i lavori pubblici e la divisione tra i cittadini dei lotti di ager publicus.  (leggi Liciniae Sextiae).

Se accertavano comportamenti scorretti da parte dei senatori con una nota censoria, li potevano estromettere dalla Curia, probri causa.

I censori erano scelti per le doti morali, di preferenza tra gli ex consoli.

Gli edili, aediles, distinti in 2 curuli (dapprima solo patrizi) e 2 plebei venivano eletti nei comizi tributi.

Si occupavano della pulizia delle strade, dell’ordine in città, degli approvvigionamenti  sui mercati,  della manutenzione degli edifici pubblici,  dell’organizzazione e dell’allestimento dei giochi pubblici, ludi.

I questori, quaestores, prima 2, poi 4, infine 8 nel 267 a C., erano eletti per un anno dai comizi tributi; amministravano l’erario dello Stato, pagavano i magistrati, tenevano i registri.

Gli urbani lavoravano a Roma, i militares  in guerra gestivano  la cassa militare e il relativo  bottino.

I tribuni della plebe, tribuni plebis, furono designati dai plebei dopo la secessione sull’Aventino nel 494 a. C. Dapprima erano due, poi passarono a  5 e a 10.

Per difendere gli interessi dei plebei contro le angherie dei patrizi, esercitavano  il diritto di veto, ius intercessionis, intercessio, alle leggi proposte che sembrassero nocive agli interessi del popolo.

Godevano della sacrosanctitas, l’inviolabilità e non perseguibilità durante il periodo della loro carica.

Potevano  convocare e presiedere i concilia plebis tributa , con la partecipazione di tutti i cittadini).

Non facevano parte del cursus honorum:

triumviri monetales, si occupavano della Zecca di Stato;

triumviri/ tresviri capitales, potevano arrestare e condannare per ordine di magistrati superiori. Tali cariche erano alla base per aspirare a diventare  questori

 

L a carriera politica di un civis romanus era regolata da norme precise;

a 27 anni  si poteva diventare questore;  a 30 edile; a 33 pretore; a 36 console.

Nessuno poteva essere rieletto nella stessa carica se non passavano almeno  10 anni.

 

 

 

Le assemblee ( comitia) più importanti  a Roma  

Comitia curiata: erano  le assemblee dei patrizi, che si riunivano  nella Curia  dapprima per  ratificare le decisioni del re; poi, in età repubblicana per occuparsi  di alcune  questioni di diritto privato;

Comitia centuriata : nati dopo l’ordinamento serviano, che aveva diviso  i cittadini-soldati in centurie e classi di censo.

In età repubblicana servivano sia per il reclutamento dei milites che per le votazioni.

Erano l’assemblea più importante in quanto   vi partecipano tutti i cittadini maschi con più di 17 anni.

Erano convocati dai magistrati nel Campo Marzio.

Accoglievano  l’appello (provocatio ad populum) dei plebei minacciati di pene corporali o di condanna a morte;  eleggevano  i magistrati, votavano le leggi.

 Concilia plebis tributa : furono istituiti dopo la secessione dei plebei (494 a.C. )

Erano assemblee popolari le cui decisioni (plebiscita),in un primo momento furono  vincolanti solo per i plebei,successivamente vennero  equiparate alle leggi ordinarie.

Si evolvono in comizi tributi (comitia tributa), cui partecipano anche i patrizi. Si votava per tribù territoriali.

A Roma in teoria tutti i cittadini, potevano partecipare alla vita pubblica attraverso il voto.

Spettava  al Senato fissare il giorno delle votazioni.

La campagna elettorale cominciava  con molto  anticipo rispetto alla data prefissata..

Il candidato (candidatus, era così detto perchè indossava una toga candida) svolgeva la sua campagna elettorale nel Foro: stringeva la mano agli elettori (prensatio) e chiedeva  loro il voto.

Il candidato era  accompagnato da collaboratori che  giravano per la città per cercare di convincere il maggior numero di elettori. In età arcaica anche i  clientes facevano propaganda per il proprio patronus.

Oltre a cercare di persuadere gli elettori con le parole, si poteva ricorrere anche ad annunci   dipinti o graffiti sui muri delle strade  più frequentate. Negli scritti si elencavano i pregi della persona da votare, si vantano i suoi meriti in ogni ambito; spesso si aggiungevano  ingiurie contro gli avversari

Avevano maggiori chances i candidati sostenuti da  grande famiglie e da un cospicuo patrimonio; chi non aveva mezzi poteva fare anche dei grossi debiti..

Il giorno dell’elezione (dies comitialis) gli aspiranti si presentavano ai comizi.

Erano eleggibili solo coloro che venivano registrati dal magistrato che presiedeva l’assembea.

Se rifiutava il risultato e non procede alla proclamazione ufficiale dell’eletto, l’elezione non era valida.

Dapprima verbale, nella metà II sec.a.C. con le leggi tabellariae, il voto diventò scritto in segreto su tavolette (tabellae).Si votava per centurie.

Il cittadino riceveva una tavoletta  su cui scriveva il nome del prescelto.

Quando si votava una proposta di legge, l’elettore aveva  due tavolette contrassegnate con le lettere VR (uti rogas “come proponi”) ed A (antiqua probo “approvo le norme che c’erano prima” ).

Egli passando attraverso  una passerella giungeva  fino ai recinti elettorali e getta la tavoletta in una cesta.

Dopo lo spoglio, effettuato da scrutatori, il magistrato dava via libera alla proclamazione per mezzo di un  banditore.

Una lex de ponte stabiliva  l’elettore attraversasse  una passerella molto  stretta per evitare che fosse  affiancato da gente che  fino all’ultimo minuto cercava di  influenzarlo.                                              

In Senato i membri votanti, scelti tra gli ex magistrati,   eletti a vita, devono preparare le proposte di legge da far approvare dai comizi a maggioranza. Si  illustrava il problema da trattare cui seguiva un ampio  dibattito,  mentre il senatore più autorevole (princeps senatus, , i consoli o un altro senatore eminente  esprimevano il proprio parere,  Chi approvava si spostava dalla parte di chi per  primo aveva  espresso quell’opinione (discedere in sententiam)