Fu creata sigla S.P.Q.R., abbreviazione di Senatus Populusque Romanus, che era posta su tutti i documenti, sulle insegne militari, sui monumenti
Da allora ogni magistratura era ricoperta da almeno due persone che si controllavano a vicenda, durava solo un anno, era scelta dalla collettività, era gratuita e prevedeva un rendiconto alla scadenza del mandato.
Il cursus honorum, cioè la successione delle cariche pubbliche, fu fissato nel 180 a.C. dalla lex Villia annalis: stabiliva la sequenza obbligata, l’età minima per accedere alle diverse cariche, l’intervallo tra i vari mandati (un anno per le cariche senza imperium, 10 anni per quelle con imperium, compreso il consolato).
Per accedere a qualsiasi carica bisognava essere cittadino romano.
Il Senato ( formato da 900 magistrati all’epoca di Cesare, e da 600 membri con Augusto) si riuniva su convocazione del presidente tramite un manifesto o, in casi urgenti, per mezzo di un messo.
I senatori, che indossavano una toga bianca ornata con una larga striscia rossa, si riunivano generalmente nella Curia Hostilia, nel Foro.
Le porte della Curia erano aperte: ciò permetteva al pubblico di seguire i dibattiti.
I senatori avevano libertà di parola e di voto.
Il voto si esprimeva collocandosi a destra o a sinistra del presidente.
La decisione votata, senatus consultum, poteva essere impugnata dai tribuni..
Il Senato aveva compiti di ordine amministrativo: si interessava di feste, culto, polizia, finanze, arruolamento, ripartizione delle cariche militari, ambascerie, amministrazione delle province; aveva anche il potere legislativo ( approvazione delle leggi)
In caso di emergenza il Senato poteva organizzare la mobilitazione generale, chiudere i tribunali, mettere fuori legge i cittadini, sospendere i magistrati, ecc.
Le principali magistrature nel I secolo erano:
consoli, consules, due ogni anno. Venivano eletti nei comizi centuriati di luglio ed entravano in carica il 1 gennaio; l’anno prendeva il nome da loro.
Rappresentavano la massima magistratura dello stato.
Esecitavano il potere esecutivo, amministravano la giustizia, presiedevano le riunioni del senato, proponevano decreti urgenti.
Esercitano anche funzioni sacerdotali e celebrano sacrifici a nome dello Stato.
Fino alle guerre puniche erano anche a capo dell’esercito.
Il loro potere, potestas, era limitato dalle leggi.
In tempo di guerra avevano l’imperium, che dava loro un grandissimo potere : potevano imporre le loro decisioni agli alleati, concludere accordi (che il Senato doveva poi ratificare), eleggere i tribuni militari, arruolare e punire i soldati.
Prima dello scadere del loro incarico, si eleggevano i consoli dell’anno successivo, consules designati.
Se uno dei consoli in carica moriva, era sostituito dal consul suffectus.
Gli ex-consoli, consulares, entravano nel Senato o potevano essere chiamati, in qualità di proconsoli, proconsules, a governare una provincia.
Dapprima solo i patrizi potevano diventare consoli.
Ma con le leges Liciniae –Sextiae del 367 a.C., fu previsto che uno dei due consoli potesse essere plebeo .
Consules designati : erano i consoli nominati per l’anno successivo prima della fine del mandato dei consoli precedenti per evitare vuoti di potere.
Consul suffectus: così era denominato chi doveva sostituire un console defunto o rimosso.
I consoli e gli altri magistrati cum imperio (pretori, dittatore) nelle uscite ufficiali erano preceduti dai littori, lictores.
Posti in doppia fila, essi portavano una scure circondata da fasci di verghe; la scure simboleggiava il potere dei littori di imporre punizioni di qualsiasi tipo ai cittadini colpevoli di qualche misfatto.
In caso di gravi necessità belliche i consoli erano sostituiti da un dittatore, dictator.
Egli subito nominava il capo della cavalleria magister equitum e prendeva tutte le decisioni senza consultare nessuno. Per tale motivo la sua carica si limitava a 6 mesi; poteva poi essere riconfermato di semestre in semestre.
I pretori, praetores, otto ogni anno, esercitavano il potere giudiziario;
l’ex pretore, praetorius, dopo il mandato poteva diventare pro-pretore, propraetor, e governare una provincia.
Il praetor urbanus si occupava delle liti tra Romani, il peregrinus tra gli extraurbani.
I censori, censores, all’inizio erano 2 patrizi; venivano eletti ogni 5 anni nei comizi centuriati; rimanevano in carica 18 mesi ciascuno; non erano sottoposti al veto dei tribuni della plebe; registravano sulle tabulae censoriae i nomi dei cittadini con accanto il loro reddito.
Tenevano il bilancio dello stato e davano in appalto i lavori pubblici e la divisione tra i cittadini dei lotti di ager publicus. (leggi Liciniae Sextiae).
Se accertavano comportamenti scorretti da parte dei senatori con una nota censoria, li potevano estromettere dalla Curia, probri causa.
I censori erano scelti per le doti morali, di preferenza tra gli ex consoli.
Gli edili, aediles, distinti in 2 curuli (dapprima solo patrizi) e 2 plebei venivano eletti nei comizi tributi.
Si occupavano della pulizia delle strade, dell’ordine in città, degli approvvigionamenti sui mercati, della manutenzione degli edifici pubblici, dell’organizzazione e dell’allestimento dei giochi pubblici, ludi.
I questori, quaestores, prima 2, poi 4, infine 8 nel 267 a C., erano eletti per un anno dai comizi tributi; amministravano l’erario dello Stato, pagavano i magistrati, tenevano i registri.
Gli urbani lavoravano a Roma, i militares in guerra gestivano la cassa militare e il relativo bottino.
I tribuni della plebe, tribuni plebis, furono designati dai plebei dopo la secessione sull’Aventino nel 494 a. C. Dapprima erano due, poi passarono a 5 e a 10.
Per difendere gli interessi dei plebei contro le angherie dei patrizi, esercitavano il diritto di veto, ius intercessionis, intercessio, alle leggi proposte che sembrassero nocive agli interessi del popolo.
Godevano della sacrosanctitas, l’inviolabilità e non perseguibilità durante il periodo della loro carica.
Potevano convocare e presiedere i concilia plebis tributa , con la partecipazione di tutti i cittadini).
Non facevano parte del cursus honorum:
triumviri monetales, si occupavano della Zecca di Stato;
triumviri/ tresviri capitales, potevano arrestare e condannare per ordine di magistrati superiori. Tali cariche erano alla base per aspirare a diventare questori
L a carriera politica di un civis romanus era regolata da norme precise;
a 27 anni si poteva diventare questore; a 30 edile; a 33 pretore; a 36 console.
Nessuno poteva essere rieletto nella stessa carica se non passavano almeno 10 anni.
Le assemblee ( comitia) più importanti a Roma
Comitia curiata: erano le assemblee dei patrizi, che si riunivano nella Curia dapprima per ratificare le decisioni del re; poi, in età repubblicana per occuparsi di alcune questioni di diritto privato;
Comitia centuriata : nati dopo l’ordinamento serviano, che aveva diviso i cittadini-soldati in centurie e classi di censo.
In età repubblicana servivano sia per il reclutamento dei milites che per le votazioni.
Erano l’assemblea più importante in quanto vi partecipano tutti i cittadini maschi con più di 17 anni.
Erano convocati dai magistrati nel Campo Marzio.
Accoglievano l’appello (provocatio ad populum) dei plebei minacciati di pene corporali o di condanna a morte; eleggevano i magistrati, votavano le leggi.
Concilia plebis tributa : furono istituiti dopo la secessione dei plebei (494 a.C. )
Erano assemblee popolari le cui decisioni (plebiscita),in un primo momento furono vincolanti solo per i plebei,successivamente vennero equiparate alle leggi ordinarie.
Si evolvono in comizi tributi (comitia tributa), cui partecipano anche i patrizi. Si votava per tribù territoriali.
A Roma in teoria tutti i cittadini, potevano partecipare alla vita pubblica attraverso il voto.
Spettava al Senato fissare il giorno delle votazioni.
La campagna elettorale cominciava con molto anticipo rispetto alla data prefissata..
Il candidato (candidatus, era così detto perchè indossava una toga candida) svolgeva la sua campagna elettorale nel Foro: stringeva la mano agli elettori (prensatio) e chiedeva loro il voto.
Il candidato era accompagnato da collaboratori che giravano per la città per cercare di convincere il maggior numero di elettori. In età arcaica anche i clientes facevano propaganda per il proprio patronus.
Oltre a cercare di persuadere gli elettori con le parole, si poteva ricorrere anche ad annunci dipinti o graffiti sui muri delle strade più frequentate. Negli scritti si elencavano i pregi della persona da votare, si vantano i suoi meriti in ogni ambito; spesso si aggiungevano ingiurie contro gli avversari
Avevano maggiori chances i candidati sostenuti da grande famiglie e da un cospicuo patrimonio; chi non aveva mezzi poteva fare anche dei grossi debiti..
Il giorno dell’elezione (dies comitialis) gli aspiranti si presentavano ai comizi.
Erano eleggibili solo coloro che venivano registrati dal magistrato che presiedeva l’assembea.
Se rifiutava il risultato e non procede alla proclamazione ufficiale dell’eletto, l’elezione non era valida.
Dapprima verbale, nella metà II sec.a.C. con le leggi tabellariae, il voto diventò scritto in segreto su tavolette (tabellae).Si votava per centurie.
Il cittadino riceveva una tavoletta su cui scriveva il nome del prescelto.
Quando si votava una proposta di legge, l’elettore aveva due tavolette contrassegnate con le lettere VR (uti rogas “come proponi”) ed A (antiqua probo “approvo le norme che c’erano prima” ).
Egli passando attraverso una passerella giungeva fino ai recinti elettorali e getta la tavoletta in una cesta.
Dopo lo spoglio, effettuato da scrutatori, il magistrato dava via libera alla proclamazione per mezzo di un banditore.
Una lex de ponte stabiliva l’elettore attraversasse una passerella molto stretta per evitare che fosse affiancato da gente che fino all’ultimo minuto cercava di influenzarlo.
In Senato i membri votanti, scelti tra gli ex magistrati, eletti a vita, devono preparare le proposte di legge da far approvare dai comizi a maggioranza. Si illustrava il problema da trattare cui seguiva un ampio dibattito, mentre il senatore più autorevole (princeps senatus, , i consoli o un altro senatore eminente esprimevano il proprio parere, Chi approvava si spostava dalla parte di chi per primo aveva espresso quell’opinione (discedere in sententiam)