IL LUPO E L’AGNELLO

La più nota tra le favole di Fedro, attraverso i secoli, ha trasmesso  l’inutile protesta del favolista contro i malvagi e i potenti che ai suoi tempi cercavano di sopraffare le vittime innocenti.


 

Agli albori della civiltà, quando ancora l’uomo non era comparso sulla Terra, in un territorio posto ai confini del mondo, si estendeva  un praticello verde, punteggiato da straordinarie piante di ogni tipo che  offrivano  un sicuro rifugio agli animali che  avevano bisogno di un po’ di refrigerio.

Spesso un leggero venticello faceva ondeggiare lievemente le fronde degli alberi mentre nel cielo limpido e azzurro gli uccellini, gorgheggiando, volteggiavano in mille cerchi concentrici, felici del calore del sole e della libertà di muoversi a proprio piacimento.

In mezzo al prato scorreva lentamente  un fiumicello limpido e chiaro.

Una morbida altura sovrastava la pianura: sembrava  un gigante che controllasse dall’alto le attività dei propri sudditi.

Tutti gli abitanti del luogo, piccoli e grandi, vivevano sereni rispettandosi a vicenda.

Un giorno d’estate, però, per la forte calura, spinti dalla sete, un lupo e un agnello giunsero contemporaneamente presso le rive del ruscelletto.

Il lupo si trovava nella zona più a monte, l’agnello, invece, era più a valle, a debita distanza dal famelico predatore.

Il lupo, nero, dal pelo irsuto, con gli occhi rossi come la brace, non volle farsi sfuggire l’ottima occasione e con voce cavernosa apostrofò  irosamente il tenero e timoroso agnello.

“ Come ti permetti di intorbidire l’acqua che sto bevendo? Non hai alcun rispetto per chi è più grande e più importante di te?”

L’agnello, con un soffio flebile, turbato sia dalle parole che dal tono con cui gli erano state rivolte, rispose timidamente: “ I miei genitori fin dalla nascita mi hanno insegnato ad avere rispetto per tutti ma soprattutto per chi è più grande di me. Perciò non è possibile che io abbia potuto farvi un torto simile. Tra l’altro, vedete, l’acqua scorre dall’alto verso il basso, cioè da voi giunge sino alle mie labbra. Dovrei perciò essere io a dovermi lamentare ”.

Le parole, intessute di verità e di innocenza, però, non commossero il predone che, spinto dalla sua natura malvagia, aveva deciso di trovare un pretesto qualsiasi per soddisfare le proprie losche brame e cibarsi del povero agnellino.

“ Dici di essere educato ma come giustifichi il fatto che sei mesi fa  hai  sparlato di me , mettendo in  giro notizie false e tendenziose che ledono la mia onorabilità?”

Il timoroso animaletto, ansimando per la paura, trovò però la forza di controbattere: “Non per contraddirvi ma ciò che affermate è impossibile. Sei mesi fa io non ero ancora nato!”

Imprecando contro gli dei e soprattutto contro il valoroso Ercole, il malvagio lupo, ribadì: “ Basta! Se non sei stato tu a diffamarmi, allora sicuramente è stato tuo padre o qualcuno dei tuoi familiari,  rei di calunnia e di lesa maestà nei miei confronti”.

Poi, senza dare il tempo all’indifeso innocente di rispondere, stanco di discutere, lo afferrò, lo fece a mille pezzi e lo divorò portando a compimento il piano diabolico di violenza.

 

Morale : Ancora oggi i prepotenti prevaricano i più deboli, facendosi scudo della propria forza e tracotanza, sottomettendo chi, indifeso, non è in grado di opporsi se non con parole e argomentazioni sincere.

Per fortuna non sempre i malvagi  riescono a vincere.

Un esempio positivo  ci è fornito da Alessandro Manzoni nel suo romanzo “ I promessi sposi”.

Don Rodrigo, il signorotto che vuole a qualunque costo far sua l’umile Lucia, non riuscirà nel proprio intento e farà una brutta fine.