L’ESERCITO ROMANO

L’esercito romano non aveva carattere permanente:  si formava di volta in volta in caso di guerre o di campagne militari.

Il primo exercitus  nacque in età regia al comando del rex.

Nel periodo repubblicano al comando c’era il  dux/ imperator: era per lo più un magistrato, un console, un proconsole, coadiuvato da un luogotenente, legatus, e da ufficiali, tribuni militum, scelti tra i giovani di buona famiglia.

I duces erano  6 per ogni legione e comandavano a turno.

In caso di grave pericolo per la patria, però, veniva nominato per  6 mesi un dictator,  che aveva pieni poteri.

La cavalleria era comandata dal praefectus equitum.

A capo di ogni 10 cavalieri c’era il decurione.

I comandanti avevano sotto di loro ufficiali e sottufficiali con competenze diversificate:

tribuni militum e  centuriones per la fanteria;

 praefectus equitum decuriones  alla testa  degli squadroni di cavalleria;

quaestor amministratore dei  beni dell’esercito;

praefectus fabrum a capo del Genio.

I cittadini più ricchi si arruolavano nella cavalleria:  avevano  l’ armamento completo, sia  offensivo che difensivo;  fornivano  e mantenevano  il proprio cavallo.

I meno ricchi finivano  in fanteria.

I più poveri,  in caso di bisogno, venivano arruolati in una centuria non armata, posta alla retroguardia, con funzioni di supporto.

All’inizio le guerre coi popoli vicini venivano condotte in primavera ed erano di breve durata: dopo la rapida campagna militare i soldati, per lo più agricoltori, tornavano al lavoro dei campi.

Con le guerre puniche la situazione cambiò: i soldati dovevano rimanere in armi per lunghi anni, per cui spesso la famiglia, mancando di braccia  per il lavoro agricolo era costretta a vendere il proprio campicello.

Tale situazione rese sempre più difficile l’arruolamento per cui in un momento di estremo pericolo, nel corso della guerra cimbrica, Gaio Mario  aprì le porte  all’arruolamento volontario: militare nell’esercito divenne per molti un’ancora di salvezza, perché nell’esercito era assicurato un vitto regolare, una paga e la possibilità di preda in terre nemiche.

Nel 102 a.C. l’arruolamento fu aperto anche proletari, poi agli affrancati e agli schiavi, mentre a far parte della cavalleria vennero chiamati i socii e gli stranieri, Galli, Spagnoli, Germani.

Mario soppresse le antiche divisioni e fornì tutti di elmetto, scudo e giavellotto.

Con Augusto l’esercito diventò  permanente.

 

All’inizio lo schieramento  era di tipo oplitico con  i soldati disposti in file parallele e compatte.

Dopo  le esperienze su territori accidentati, in particolare durante le guerre sannitiche,  considerando che la compagine era troppo rigida e facilmente attaccabile, fu  introdotto uno schieramento più agile:   2 centurie formavano il manipolo, 3 manipoli una coorte, 10 coorti una legione.

La legione era formata da 4/5000 fanti e 300 cavalieri.

La fanteria leggera, armata di lance e archi, era fornita dagli alleati: anticipava l’attacco che era poi effettuato dalla fanteria pesante.

 

Oltre alla cavalleria  c’erano altri corpi speciali :

antesignani, soldati scelti che stavano davanti alle insegne, signa,

i genieri, fabri,

la musica militare,

il traino per il trasporto dei bagagli, impedimenta,

le tende,

le macchine da guerra,

il servizio di sanità con infermieri, medici, ospedali da campo.

 

All’epoca di Cesare ogni legione era contrassegnata da un numero e da un’insegna (signum), portata da un alfiere (aquilifer) che indossava una pelle d’orso;

il portainsegna (signifer) della coorte aveva come simbolo la figura di un animale, ( aquile, lupi, agnelli), quello del manipolo una mano distesa.

L’insegna della cavalleria (vexillum), rosso o bianco,di forma quadrangolare, era sostenuta dal vexillarius.

Se nel corso del combattimento il portinsegna era colpito e cadeva , il signum veniva raccolto e sollevato da un commilitone.

Dopo Mario l’aquila d’oro o d’argento divenne l’insegna della legione.

Ogni porta insegna restava sul fronte dell’unità di appartenenza;

l’aquila era sempre dietro la prima coorte;,

i porta guidone seguivano lo stato maggiore.

 

I legionari venivano schierati secondo un ordine preciso.

In prima linea  c’erano i velites, soldati armati alla leggera, che lanciavano i pila per provocare e procurare perdite al nemico; poi si ritiravano dietro i compagni.

Seguivano gli hastati, armati di lancia,

i principes, più anziani ed esperti, erano i più forti.

In terza fila militavano  i veterani (triarii).

Alle ali erano stanziati gli equites, divisi in turmae e decuriae.

La cohors praetoria combatteva intorno al generale e lo proteggeva;  da Augusto fu trasformata in guardia personale.

 

Si diventava miles all’età di 17 anni, dopo aver assunto la toga virilis e pronunciato il giuramento di rito ; si restava sotto le armi fino ai 60 anni, inseriti in una lista di mobilitazione.

Gli iuniores costituivano i reparti combattenti;

i seniores, tra i  46 e i 60 anni, erano le truppe di riserva. Quando non si combatteva rimanevano  a casa.

Dopo 20 campagne militari ( 10 per  la cavalleria) si aveva diritto al congedo.

Il giorno della leva  in Campidoglio si radunavano, provenienti dai vari distretti, tutti coloro che era tenuti a rispondere alla chiamata.

Si estraevano a sorte 16.800 effettivi delle 4 legioni, 4200 ciascuna, che formavano l’organico ordinario.

Allo stesso modo venivano arruolate le reclute dei 4 squadroni di cavalleria, aggregati alle legioni, che costituivano l’unità di combattimento completa.

 

Il miles doveva obbedire ciecamente al dux e sottostare alle dure regole del servizio militare.

Rubare, testimoniare il falso,  non ottemperare ai turni  di guardia, mostrarsi  vili, erano puniti   con colpi di frusta o con  l’esclusione dall’esercito;  nei casi più gravi si arrivava alla decimazione.

Chi, invece, ottemperava agli ordini e si dimostrava coraggioso in battaglia, riceveva come ricompensa parte del bottino, altri doni e soprattutto le terre sottratte al nemico.

Con l’estendersi e il protrarsi delle campagne militari, i soldati cominciarono ad avere un soldo fisso (stipendium),  derivante dapprima dai contributi  versati dai concittadini, e poi  dalle tasse imposte ad alleati e provinciali.

I successi sul campo  venivano celebrati col trionfo,un’istituzione tipicamente romana.

320 trionfi furono celebrati da Romolo a Vespasiano e circa 40 nei secoli successivi. Erano una forma di auto celebrazione della potenza dell’urbe tramite le glorie militari

Il trionfo era concesso al dux che avesse ucciso almeno 5000 nemici ;

una vittoria meno importante era celebrata con l’ovatio, che veniva celebrata col sacrificio di una pecora..

Il  vincitore, entrava  in città alla testa dell’esercito con una corona di mirto sul capo, sfilava tra 2 ali di folla festante  e sacrificava una pecora  nel tempio di Giove Capitolino.

Non si poteva celebrare il trionfo  per una guerra civile.

Aprivano il corteo magistrati  senatori che rievocavano le imprese vittoriose e mostravano il bottino. Seguivano le prede esotiche o sconosciute,poi i prigionieri e gli eventuali ostaggi.La sfilata continuava con gli animali da sacrificare. Quindi venivano attori e mimi che esaltavano o beffeggiavano le doti o i difetti del trionfatore che, in piedi sul carro trionfale, era scortato da littori recanti fasci ornati di alloro.

Seguivano i soldati in ordine di parata che inneggiavano al comandante agitando rami di alloro.

 

L’attendamento dell’ esercito in vista di un combattimento era assai importante.

Gli agrimensori (gromatici) dovevano  verificare la struttura  del terreno, la sua esposizione e la vicinanza ad un corso d’acqua. Dopo si passava alla delimitazione dell’area esterna tramite picchetti e alla  sistemazione interna dell’attendamento.

Si piantava prima l’insegna  del generale, poi quelle degli altri ufficiali superiori, per posizionare le  loro tende; rispetto a queste si collocavano in posizioni fisse, tutti i reparti.

 

L’accampamento, castra, era un quadrilatero  ad angolo retto.

Era circondato da un fossato largo e profondo (fossa).

Con la terra dello scavo veniva  costruito  un terrapieno (agger  o vallum), sovrastato da una palizzata, a guisa di trincea, abbastanza largo perché sopra potessero starci i difensori.

In ogni lato si apriva una porta.

La principale, praetoria, era posta di fronte al nemico; da essa si dipartiva una delle due vie che si incrociavano perpendicolarmente, il cardo, che andava da Nord a Sud,  il decumanus  da Est ad Ovest.

Presso la seconda porta,  decumana, opposta alla praetoria, alloggiavano i cavalieri e gli alleati; alle loro spalle si attendavano i soldati.

 

L’interno del campo era diviso  da 7 strade.

Le più importanti erano:

via principalis – congiungeva le porte laterali,

via quintana, larga 5 piedi, era  parallela alla principalis,

via praetoria –  univa la tenda del dux con la porta praetoria.

 

Le entrate erano difese da fortini, castella, dove alloggiavano le sentinelle .

Sui lati più lunghi dell’accampamento erano situate altre due entrate, la principalis dextra e la sinistra.

 

Al centro lungo la via principalis c’era il praetorium, la tenda del dux, un quadrato di circa 60 m di lato, con accanto le tende degli ufficiali, dei sottufficiali, dei tribuni, dei legati.

Lungo le vie longitudinali che intersecavano la quintana  c’erano i fanti e i cavalieri.

In  fondo erano situate le truppe ausiliarie, i bagagli e le macchine da guerra.

Fra il terrapieno e le tende c’era una via larga per dare ampia  libertà di movimento ai soldati.

 

Le dimensioni dell’accampamento erano varie in rapporto alle legioni che doveva contenere.

Di notte l’accampamento era sorvegliato da squadroni di cavalleria e da coorti.

Lungo tutto il terrapieno erano collocate le sentinelle che si davano il cambio ogni 3 ore ( vigiliae)

Accanto sorgevano l’altare, il tribunale, lo spazio, forum, in cui il generale convocava le truppe, la tenda del dux ; a destra il quaestorium ospitava l’amministrazione,  il bottino di guerra e l’armeria.

Le tende, di pelle, che accoglievano otto soldati ciascuna,  erano disposte in fila a intervalli simmetrici;  i camminamenti tra di esse, strigae.  costituivano vie minori, parallele alle due principali.

Se si prevedeva una   lunga permanenza , i soldati alloggiavano in baracche di legno o in muratura, circondate da fortificazioni.

 

 

I milites erano provvisti di armi per la  difesa e l’offesa.

Corazza, lorica: poteva essere rigida, a strisce, segmentata, ad anelli  o a squame .

Elmetto: in ferro o   cuoio, aveva due bande che si  chiudevano sotto la gola.

Sull’elmo degli ufficiali  c’era la crista o iuba, costituita da penne o crini di cavallo. Era un segno di distinzione rispetto alla truppa.

Strisce di ferro o di bronzo coprivano le spalle dei soldati;

una cintura a placche proteggeva il ventre.

Gambali, ocreae, erano  poco utilizzati, perché ingombranti;

i sandali usati dai soldati, caligae, avevano la suola chiodata.

 

Gli scudi erano di varie dimensioni:

piccolo e rotondo era in dotazione ai velites;

il più comune scutum, grande e rettangolare,di 1,20m x 80 cm, aveva al centro una prominenza, per far deflettere le frecce nemiche.

 

Le armi in dotazione per l’attacco (tela) erano:

hasta, utilizzata dai triarii;

 arco, utilizzata dagli arcieri (sagittarii),

fionde (fundae), utilizzate dai frombolieri (funditores).

Il pilum era l’arma dei principes e degli hastati; lungo quasi 2 metri, aveva un manico di legno e una pesante punta di ferro che, scagliata con forza, poteva trapassare facilmente lo scudo e la corazza del nemico.

 

Per il combattimento ravvicinato si usavano vari tipi di spade:

gladius, lungo circa 60 cm e largo 5, a doppio taglio, terminava  a punta;  era  custodito in un fodero di cuoio ornato di borchie e portato a tracolla  sul lato destro;

ensis,  più lunga e sottile;

spatha,  più larga e a due tagli.

Un pugnale lungo circa 25 cm pendeva sul fianco sinistro.

 

I bagagli, sarcinae, del peso di 30 kg.circa, contenevano viveri, armi e attrezzi da campo in modo che il miles fosse  autosufficiente e in grado di costruire in caso di urgenza, l’accampamento;  si portavano attaccati ad una pertica che il soldato portava appoggiata su una spalla.

 

I Romani in guerra possedevano formidabili  macchine da lancio  (tormenta):

onager “onagro”: specie di catapulta a fionda, capace di scagliare grosse pietre, tronchi o materiale incendiario fino ad una distanza di 400 m.;

catapulta catapulta”: grossa balestra  pesante per tiri quasi orizzontali;

ballista “ balestra” :  scagliava pietre, giavellotti o grosse frecce con una traiettoria molto curva;

scorpio” scorpione” piccola catapulta portatile, costituita da un arco metallico  con corda tesa posto su un piedistallo, molto preciso nel lanciare frecce o pietre.

 

Altre macchine assai importanti erano:

Aries “ ariete”, trave massiccia , lunga da 20 a 60 metri, terminante  con una testa di ariete di  ferro o bronzo; serviva  per  sfondare  porte o aprire varchi nelle mura nemiche; era manovrato da  squadre formate da 10 soldati l’una.

Pluteum” pluteo” specie di paravento di vimini, ricoperto con pelli per permettere ai soldati di avanzare al coperto.

 Turres ambulatoriae: torri mobili, montate su ruote di legno, alte fino a 10 piani; avevano ponti levatoi, per sollevare i soldati fino al l’altezza della mura assediate.

Vinea, baracca di legno su più ruote, col tetto inclinato permetteva  di avvicinarsi alle postazioni nemiche stando al coperto.

Le vineae permettevano ai soldati di manovrare arieti e altre macchine da guerra senza essere colpiti.

Testudo,  testuggine,: specie di galleria poggiata su ruote, al di sotto della quale i soldati si avvicinavano al coperto alle mura nemiche.

Con i plutei, strutture di legno mobili ricoperte da pelli, i soldati si proteggevano dai lanci degli avversari;

nei musculi, gallerie mobili,  i soldati lavoravano durante gli assedi.

Il primo soldato che scalava le mura nemiche riceveva, se sopravviveva, la corona muralis.

Riceveva la corona civica, chi in battaglia salvava un  commilitone.

 

La Flotta

 

Naves longae :  navi da guerra, a 3 ( triremes), 4 ( quadriremes), o 5 ( quinqueremes) ordini di remi.

Le quinqueremi, le più agili e le più robuste, erano lunghe 40 metri e larghe 6/7metri.

Avevano 300 rematori schiavi, 180 soldati  e circa 20 ufficiali e sottufficiali.

La prora era munita di uno sperone,  rostrum,  a 3 punte , con cui si creavano falle nelle fiancate delle navi avversarie.

La loro velocità media era di 5/6 miglia orarie.

Durante  la prima guerra punica i Romani, esperti di combattimenti terrestri e poco pratici di battaglie navali, inventarono i corvi: erano ganci applicati ad un ponte movibile:  abbordate  le navi nemiche, le agganciavano e impedivano loro di manovrare ; la battaglia così si risolveva in uno scontro  corpo a corpo con i nemici.

 

C’erano vari tipi di navi :

nave ammiraglia: navis praetoria,

nave a remi: actuaria navis

nave da carico: navis oneraria,

nave con coperta: navis constrata ,

nave senza coperta: navis aperta.